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Il linfoma non-Hodgkin (non-Hodgkin lymphoma – NHL) è un tumore di origine immunologica che origina dai linfociti. Nella maggior parte dei casi il linfoma non-Hodgkin si manifesta come una tumefazione non dolente delle stazioni linfonodali superficiali (collo, ascella, inguine), ma alle volte può insorgere anche a livello del sistema digerente, del sistema nervoso centrale, del midollo osseo o della pelle. Esistono diversi sottotipi istopatologici, che possono essere differenziati solo in base al risultato della biopsia. Tuttavia la differenziazione sostanziale può essre fatta in linfomi ad origine dalle cellule B e linfomi ad origine dalle cellule T.
Cause e familiarità
Il linfoma non-Hodgkin si può presentare in modo sporadico o in più membri
di una stessa famiglia (forma familiare). Nei casi sporadici sembra esservi
un’associazione con l’età avanzata e il sesso maschile. L’esistenza di forme
familiari è documentata dalla pubblicazione di diversi studi condotti su sulla
ricorrenza della malattia attraverso diverse generazioni di uno stesso albero
genalogico. In realtà pare che, nei casi familiari, il rischio di sviluppare la
malattia si estenda anche ad altre forme linfoproliferative. Nelle famiglie
dove ricorre il linfoma non-Hodgkin vi è infatti un’alta incidenza anche di
altre forme tumorali del sistema linfatico. Ad oggi, con eccezione dei casi
associati a mutazioni del gene PRF1, le mutazioni genetiche identificate nelle
forme familiari di linfoma non-Hodgkin sono soltanto di tipo somatico. Ciò significa
che il paziente non è nato con la mutazione, bensì che questa è insorta nel
tessuto tumorale (mutazione somatica), dove potrebbe rappresentare una concausa
o addirittura una conseguenza della malattia. Mutazioni somatiche sono state identificate
fino ad oggi nei geni CASP10, ATM, RAD54L, BRAF, CARD11, TNFAIP3, TRAF2, EZH2,
CREBBP, EP300, MLL2 e MEF2B. Tuttavia, è importante insistere sul fatto che
queste mutazioni rappresentano un reperto concomitante e non antecedente alla
presenza del tumore e che non possono quindi considerarsi la causa diretta
della malattia. Un eventuale test genetico per la ricerca di mutazioni nei geni
su menzionati non avrebbe quindi alcun valore diagnostico o predittivo ed è
perciò, allo stato attuale delle conoscenze, da non raccomandare. Come
anticipato, un’eccezione è rappresentata dalle mutazioni del gene PRF1, le
quali sembrano correlare ad una forma a tramissione autosomica recessiva del linfoma
non-Hodgkin. Va però sottolineato che mutazioni nel gene PRF1 sono state identificate
in soli quattro pazienti che, fra l’altro, presentavano anche i segni clinici
della malattia più tipicamente causata dalle mutazioni in questo gene: la
linfoistiocitosi emofagocitica. Neanche il test genetico per PRF1 è perciò indicato
nei pazienti con linfoma non-Hodgkin che non presentino anche segni di linfoistiocitosi
emofagocitica.
Riassumendo, rispetto al linfoma non-Hodgkin, più che di forma familiare vera
e propria sarebbe forse meglio parlare di tratto familiare di suscettibilità alla
malattia. Tale suscettibilità ha quasi sicuramente una base genetica. Tuttavia lo
studio degli alberi genealogici nei quali ricorre la malattia non consente di
individuare un modello di ereditarietà mendeliana pura ed è perciò verosimile
che il tratto di suscettibilità sia costituito da una complessa co-occorenza di
fattori genetici, epigenetici e ambientali. Come più diretta conseguenza di ciò,
ne deriva che non è possibile predire se un familiare di un soggetto affetto da
linfoma non-Hodgkin svilupperà o meno la malattia (o una qualsiasi altra
patologia maligna linfoproliferativa). Per lo stesso motivo non è possibile
eseguire alcun test genetico predittivo.
È tuttavia possibile soffermarsi su altri aspetti genetici interessanti,
come ad esempio l’anticipazione. L’anticipazione è un fenomeno genetico per il
quale una malattia tende a presentarsi in modo più grave nel passaggio da una
generazione a quella successiva. Diversi autori sostengono che l’anticipazione sia
una caratterstica tipica del linfoma non-Hodgkin. Va tuttavia sottolineato che
esistono scuole di pensiero discordanti e che non tutti sono convinti dell’occrenza
dell’anticipazione nelle familgie con linfoma non-Hodgkin.
Volendo infine porre l’enfasi sulla diagnosi differenziale, andrebbe
ricordata una patologia puramente genetica a tramissione legata al cromosoma X
che può essere caratterizzata anche dall’insorgenza del linfoma non-Hodgkin. Si
tratta della cosiddetta malattia linfoproliferativa a trasmissione X-linked (in
inglese X-linked lymphoproliferative
disease o XLP). Si distinguono due sottotipi di XLP: XLP1, causata da
mutazioni nel gene SH2D1A e XLP2, causata da mutazioni nel gene XIAP. XLP1 può
presentarsi in tre forme diverse: (1) sotto forma di grave infezione da mononucleosi
a seguito di infezione da EBV o altri virus o sotto forma di linfoistiocitosi
emofagocitica, (2) sotto forma di disgammaglobuloinemia, (3) sotto forma di malattia
linfoproliferativa come, appunto, il linfoma non-Hodgkin. In effetti XLP1 è una
malattia clinicamente estremamente variabile (alcuni maschi restano persino asintomatici).
I linfomi caratteristici di XLP1 si sviluppano spesso nell’infanzia e possono
verificarsi prima dell’infezione da EBV. In XLP2, invece, i linfomi non sono
stati riportati.
Diagnosi
La diagnosi del linfoma non-Hodgkin è basata sull’anamnesi (storia) personale
e familiare, sull’esame clinico (palpazione dei linfonodi, del fegato e della
milza), sulla diagnostica per immagini (ecografia, TAC, risonanza magnetica) e,
per la diagnosi clinica e istopatologica definitiva, sulla biospsia della
tumefazione. Come anticipato sopra, poichè la suscettibilità familiare allo
sviluppo del linfoma non-Hodgkin non sembra presentare tratti di edreditarietà
Mendeliana pura, non possibile eseguire alcun test genetico predittivo. Nei rari
pazienti nei quali sembra esservi una tramissione autosomica recessiva in
associazione a mutationi del gene PRF1 sono state in realtà rilevate anche caratteristiche
tipiche della linfoistiocitosi emofagocitica.
Nei pazienti in cui si sospetti un linfoma non-Hodgkin verrano eseguiti gli
esami del sangue di routine e alcuni dosaggi enzimatici particolari. Tali esami
possono rilevare anemia, aumento della lattato deidrogenasi (LDH) e aumento
della velocità di eritrosedimentazione (VES).
Cosa fare in caso di
familiarità per linfoma non-Hodgkin
Purtroppo non esistono ad oggi tecniche per pervenire o prevedere in anticipo
l’insorgeza del linfoma non-Hodgkin. In caso di familiarità sarebbe comunque
bene informare il medico curante. Un programma di check-up con esami del sangue
ed ispezione clinica ad intervalli regolari potrebbe tuttavia considerasi un
approccio sensato.
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