lunedì 20 maggio 2013

ANALISI DI DELEZIONE/DUPLICAZIONE: QUANDO SÌ, QUANDO NO

L'approccio di analisi genetica molecolare tipico prevede per la stragrande maggioranza dei geni il sequenziamento e il l'analisi di delezione/duplicazione (tramite MLPA o qPCR). L'analisi di delezione/duplicazione in realtà non è sempre indicata. Nella maggior parte dei casi la mutazione malattia consiste in una mutazione puntiforme (mutazione di un singolo nucleotide) o in un piccola delezione/inserzione/duplicazione di poche nucleotidi che possono alterare o meno il frame di lettura. Per questo genere di mutazione il sequenziamento diretto su filamento singolo e doppio (tramite metodica Sanger o NGS) rappresenta l'approccio migliore. Non raramente, tuttavia, la mutazione malattia consiste in una grande delezione o duplicazione di centinaia o migliaia di nucleotidi che tramite il sequenziamento non è rilevabile (o non direttamente, almeno). Prendiamo l'esempio di una malattia a trasmissione autosomica dominante, nella quale ci si aspetta di trovare una mutazione su un cromosoma soltanto. Tipicamente, nel caso di mutazione puntiforme, questa verrà rilevata in eterozigosi. Se però il paziente è affetto come conseguenza della presenza di una grossa delezione di parte o dell'intero gene su un cromosoma, il sequenziamento fallirà nel rilevarla. Il sequenziamento, infatti, analizza gli amplificati del gene che sono stati precedentemente ottenuti con la reazione di polimerizzazione a catena (polymerase chain reaction, PCR). Se una porzione di gene è assente su un cromosoma, i primer della PCR si legheranno comunque all'altro cromosoma, producendo sempre un amplificato. Al sequenziamento (che non è una metodica in grado di distinguere realmente i due cromosomi) non otterremo quindi la sequenza del frammento deleto (vedremo in effetti solo quella del cromosoma sano). Se al sequenziamento non viene rilevata alcuna mutazione, dunque, in caso di malattia a trasmissione autosomica dominante può essere indicata l'analisi di delezione. In realtà questo genere di mutazioni non sempre è atteso in tutti i geni. Tipicamente le malattie a trasmissione autosomica dominante sono caratterizzate da mutazioni 'gain of function', mentre le delezioni sono mutazioni non-funzionali che aboliscono il trascritto (e quindi la proteina) piuttosto che dare origine a una proteina con funzionalità aumentata o modificata. Tuttavia anche alcune malattie a trasmissione autosomica dominante possono essere causate da alleli non funzionali e, in caso di sequenziamento negativo, il test di delezione (tramite MLPA o qPCR) può quindi essere indicato.

Ma veniamo ora alle malattie a trasmissione autosomica recessiva, nelle quali gli alleli non funzionali (mutazioni non-senso, frame-shifting e grandi delezioni) sono piuttosto frequenti. Nelle malattie a trasmissione autosomica recessiva ci aspettiamo due mutazioni: una su ciascun cromosoma. Le mutazioni possono quindi essere in omozigosi (la stessa identica mutazione è cioè presente su entrambi i cromosomi) o in eterozigosi composta (i due cromosomi recano ciascuno una mutazione diversa, ma ugualmente patogenica). L'omozigosi o l'eterozigosi composta per le mutazioni puntiformi o per piccole delezioni/inserzioni/duplicazioni è visibile al sequenziamento. L'omozigosi per una grande duplicazione è invece sospettabile dal fallimento della PCR prima del sequenziamento. In altri termini, mancando il gene (o parte del gene) su entrambi i cromosomi, i primer della PCR non trovano niente a cui legarsi e non producono quindi alcun amplificato. Risultato: il sequenziamento risulta impossibile. In caso di eterozigosi composta per una mutazione puntiforme e una grande delezione invece, ecco che la grande delezione non è rilevabile al solo sequenziamento perchè presente allo stato eterozigote. Per contro, sia in caso di eterozigosi che in caso di omozigosi le grandi duplicazioni non sono mai rilevabili al sequenziamento. Esiste poi il capitolo delle malattie a trasmissione X-linked, che richiede discorsi separati per maschi e femmine. Infatti, essendo il maschio portatore di un solo cromosoma X, una grande delezione emizigote è sospettabile nel maschio dalla mancata amplificazione (fallimento della PCR prima del sequenziamento). Non così nelle femmine, dove i cromosomi X sono due, e nei maschi affetti da sindrome di Klinefelter, che pure hanno due cromosomi X. Anche nel caso di ereditarietà X-linked, sia che si tratti di femmine o di maschi, le grandi duplicazioni non sono mai rilevabili dal sequenziamento.

Dunque, riassumendo:

1. Malattia a trasmissione autosomica dominante:
- sequenziamento positivo: analisi di delezione/duplicazione non indicata
- sequenziamento negativo e mutazioni non funzionali non attese: analisi di delezione/duplicazione non indicata
- sequenziamento negativo e mutazioni non funzionali attese (o già descritte in letteratura): analisi di delezione/duplicazione indicata

2. Malattia a trasmissione autosomica recessiva:
- sequenziamento negativo: analisi di delezione/duplicazione non indicata
- sequenziamento positivo per un'unica mutazione: analisi di delezione/duplicazione indicata
- sequenziamento positivo per una mutazione omozigote o per due mutazioni in eterozigosi composta: analisi di delezione/duplicazione non indicata

3. Malattia a trasmissione X-linked:
> in un maschio:
- sequenziamento positivo: analisi di delezione/duplicazione non indicata
- sequenziamento negativo e duplicazioni non descritte: analisi di delezione/duplicazione non indicata
- sequenziamento negativo e duplicazioni descritte: analisi di delezione/duplicazione indicata.

> in una femmina:
- sequenziamento positivo: analisi di delezione/duplicazione non indicata
- sequenziamento negativo: analisi di delezione/duplicazione indicata

Lo schema qui sotto ripropone gli stessi concetti in una flow chart.

ANALISI DI DELEZIONE/DUPLICAZIONE (MLPA/qPCR) - quando sì, quando no, sulla base dei risultati del sequenziamento e delle mutazioni descritte in letteratura


mercoledì 15 maggio 2013

EVOLUZIONE

Da anni la maggior parte degli scienziati è concorde nel postulare che la vastità delle regioni non codificanti (che sono la maggior parte del genoma!) abbia la funzione di consentire novità evolutive favorendo gli eventi di rcombinazione. È infatti noto che le sequenze non codificanti sono costituite in larga parte da sequenze ripetute che favoriscono di per sè l'appaiamento fra omologhi e non-omologhi, predisponendo così gli eventi di scambio di materiale (ricombinazione) fra un cromosoma e un altro. Le regioni non codificanti sono in gran parte costituite dagli introni. Un ruolo fondamentale nel processo evolutivo è inoltre attribuito alle duplicazioni, al genoma mitocondriale e ai cromosomi sessuali. Vediamo questi fattori uno per uno:

INTRONI

Una vastissima porzione della parte non codificante del genoma è costituita dagli introni, cioè dalle porzioni di sequenza che interrompono le parti codificanti di un gene, dette esoni. Gli introni, a differenza degli esoni (che presentano una lunghezza media di circa 500bp), possono variare molto in dimensioni. Si distinguono diversi tipi di introni:

1. INTRONI SPLICEOSOMIALI: si potrebbero per semplicità definire così i semplici introni delle cellule eucariotiche. Si tratta, come detto sopra, delle porzioni di sequenza che interrompono gli esoni. Una volta che la formazione del trascritto primario (cioè dell'mRNA) è stato completato, le parti trascritte a partire dagli introni vengono escisse attraverso il processo dello splicing, che ha luogo grazie all'azione di un complesso enzmatico detto spliceosoma. Per alcuni geni, possono essere parti diverse in seguito al fenomeno del cosiddetto splicing alternativo, grazie al quale una stessa proteina può assumere un'isoforma diversa in organi diversi. Poiché solo una minima parte delle sequenze introniche sono necessarie al corretto funzionamento dello splicing, le grandi dimensioni rendono gli introni spliceosomiali altamente permissivi alle inserzioni di elementi trasponibili (i cosidetti trasposoni). La permissività alle trasposizioni consente lo spostameno e loscambio di pezzi di infromazione genetica ed è quindi uno dei presupposti dell'evoluzione. Non solo: la mobilità degli elementi trasponibili è anche all'origine di alcune mutazioni malattia, come grandi delezioni e inserzioni. I trasposoni hanno probabilemente favorito anche il fenomeno dell'exon shuffling, per il quale alcuni geni diversi condividono esoni o stringhe di esoni uguali.

2. INTRONI DI GRUPPO I e II: si tratta di introni rari, che possono essere trovati principalmente in geni di rRNA o tRNA. Questo introni non necessitano dello splicesosoma poiché possono caatalizzare da soli la propria escissione (si tratta in effetti di introni autocatalitici).

Solo negli Archea, infine, si trovano i cosiddetti introni ancestrali.

DUPLICAZIONE INTRAGENICA

La duplicazione intragenica, spesso conseguenza di duplicazione di esoni, porta a proteine più grandi, formate dalla ripetizione di moduli di porzioni codificanti. Ciò può fornire un vantaggio evolutivo. La duplicazione di esoni può essere dovuta a crossing over diseguale.

DUPLICAZIONE GENICA

È il meccanismo fondamentale dell'evoluzione. Negli organismi multicellulari le mutazioni geniche sono spesso dannose e la pressione selettiva è estremamente forte, favorendo il mantenimento della sequenza preesistente. In ciascun caso di duplicazione genica, invece, la copia duplicata è in eccesso e può divergere dalla sequenza originaria senza che vi sia una forte pressione selettiva. Molto spesso la copia assume mutazioni dannose e degenera, diventando uno pseudogene che, alla lunga, può andare perduto. In rari casi, tuttavia, può presentare un vantaggio selettivo e viene quindi conservata. Un gene, in media, risulta duplicato una volta ogni 100 milioni di anni circa.

IL GENOMA MITOCONDRIALE


Il genoma mitocondriale è probabilmente derivato dall'inglobazione di un genoma procariote in una cellula eucariote. Poichè il genoma mitocondriale è tuttavia assai più piccolo del genoma di un procariote, si pensa che nel corso dell'evoluzione sia avvenuto un trasferimento di geni dal genoma mitocondriale a quello nucleare (trasferimento genico orizzontale o laterale).

I CROMOSOMI X E Y


I cromosomi X ed Y possiedono alcuni geni in comune, che si trovano nelle regioni cosiddette pesudoautosomiche. Esistono due regioni pesudoautosomiche:

PAR1: regione pesudoautosomica principale: si trova all'estremità dei bracci corti e va incontro a crossing-over obbligatorio.

PAR2: regione pesudoautosomica minore: si trova alle estremità dei bracci lunghi, contiene solo 4 geni e può anche non andare incontro a crossing-over.

Per controbilanciare la presenza dell'Y nel maschio, nelle femmine si assiste alla inattivazione dell'X. Tuttavia, come detto, esistono geni dell'X che possiedono l'omologo funzionale sull'Y: sono appunto i geni di PAR1 e PAR2. Sul cronosoma X, tutti i geni di PAR1 sfuggono all'inattivazione, mentre in PAR2 due geni sfuggono e due geni sono inattivati (questi ultimi due sono inattivati per conseguenza del meccanismo compensatorio di inattivazione dell'Y per questi due geni).

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I TRASPOSONI


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I trasposoni sono elementi di DNA mobili che, nel corso dell'evoluzione, si sono inseriti nel genoma. Tipicamente, quindi, si parla di inserzioni da trasposoni. I trasposoni si sono generati a partire da RNA o da DNA (vedi sotto) e vengono perciò distinti in due grandi classi:

1. RETROTRASPOSONI: sono frammenti di cDNA trascritti a partire da RNA che vengono inseriti in una sequenza permissiva del genoma (gli introni splicesosomiali, ad esempio, costituiscono regioni permissive). Il meccanismo di trascrizione richiede la presenza di una trascrittasi inversa. Appartengono a questo gruppo tre tipi di trasposoni: i LINE (detti anche LINE-1 o L1), i SINE e i trasposoni LTR.

2. TRASPOSONI DI DNA: sono frammenti di DNA che non vengono copiati, ma semplicemente trasposti. Codificano per una trasposasi che ne regola la trasposizione. Poichè queste sequenze non sono più attive, vengono considerate fossili di trasposoni e costituiscono il quarto tipo di trasposoni.

Come appare chiaro, esistono quindi quattro tipi di trasposoni: LINE (o LINE-1 o L1), SINE, LTR e fossili di trasposoni.

Le inserzioni da trasposoni generano sostanzialmente delle unità ripetute. Le inserzioni da trasposoni arrivano a costituire fino al 40% dell'intero genoma (solo le LINE rappresentano il 17%!). Le inserzioni da trasposoni possono essere patogene, potendo alterare l'espressione genica (in effetti, le inserzioni da trasposoni rappresentano circa il 5% della patologia molecolare).

In linea di massima i trasposoni esercitano un effetto patogeno impattando l'espressione genica, che può risultare promossa o inibita. I retrotrasposoni, ad esempio, possono attivare promotori alternativi o generare RNA non-codificanti (vale a dire RNA antisenso o RNA con proprietà regolatorie). Ad esempio, le ripetizioni Alu (che nel genoma sono presenti ogni 3kb circa) sono dei SINE che dispongono di un proprio promotore interno destinato a restare inattivo, a meno che la sequenza non venga interspersa in una regione che ne consenta l'attivazione. Le ripetizioni Alu sono ricche in GC. Nel gene FERMT1 (le cui mutazioni causano la sindrome di Kindler) un'inserzione di un elemento Alu nell'introne 14 è causa della malattia. Anche l'emofilia A può essere causata dall'inserzione di un elemento Alu nel gene del fattore VIII (F8).

I retrotrasposoni possono inoltre alterare lo splicing, provocando l'inclusione di introni o l'esclusione di esoni attraverso l'attivazione di siti criptici di splicing. In altri casi le sequenze ripetute generate dai retrotrasposoni possono mediare meccanismi di ricombinazione non-omologa che possono portare a grandi delezioni o duplicazioni. Si vedano ad esempio la delezione nel gene PDHX causata dalla retrotrasposizione di elementi LINE o le inserzioni LINE-mediate nel gene CFTR.

Infine, è possibile che le inserzioni da trasposoni giochino un ruolo nella determinazione della suscettibilità a malattie multifattoriali come i tumori. I trasposoni, infatti, oltre che mutazioni-malattia vere e proprie, sembrano poter creare alleli ipomorfici: non si tratta di veri e propri alleli patogeni, ma di alleli con funzionalità ridotta che possono peggiorare il fenotipo quando si trovano in associazione ad una mutazione-malattia vera e propria. Questi alleli ipomorifici potrebbero avere un certo peso nel genarare tratti di suscettibilità a malattie multifattoriali.

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INVERSIONI

Le inversioni si generano per la presenza di sequenze ripetute, ma invertite. Esse causano il ripiegamento su se stesso di una parte del cromatidio, con conseguente rottura e risaladatura di un frammento invertito. Le inversioni, come nel caso del gene F8 (emofilia A), possono essere patogene. In altri casi sono non patogene e generano semplicemente dei polimorfismi da inversione. In linea di massima le inversioni sono patogene quando il materiale invertito perde la posizione originale ripsetto a sequenze regolatrici fondamentali o quando i punti di rottura cadono in regioni geniche critiche (ad esempio all'interno della regione codificante di un gene). A livello cromosomico si distinguono due tipi di inversioni:

INVERSIONI PERICENTRICHE: il tratto invertito contiene il centromero del cromosoma
INVERSIONI PARACENTRICHE: il tratto invertito non contiene il centromero del cromosoma

Le inversioni eterozigoti possono generare dei problemi durante la fase di appaiamento degli omologhi. Tuttavia, sono paradossalmente solo le inversioni di dimesioni minori a creare maggiori interferenze durante il crossing-over, poichè tratti invertiti più lunghi si organizzano in anse (loop) che consentono il normale appaiamento anche della porzione invertita. Va però detto che tale appaiamento produce, accanto a gameti normali, anche una porzione di gameti cromosomicamente sbilanciati. Le inversioni cromosmiche in eterozigosi possono quindi essere causa di ridotta fertilità o poliabortività.

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MICRODELEZIONI, MICRODUPLICAZIONI E TRASLOCAZIONI

Questo tipo di mutazioni, non visibile al cariotipo standard, è generato dalla presenza nella porzione eucromatica del genoma di lunghe sequenze ripetute di decine o anche centinaia di kilobasi che, nel corso della recente evoluzione dei primati, hanno subito duplicazioni: si chiamano infatti duplicazioni segmentali o dupliconi. L'altissima omologia di sequenza dei dupliconi rende facile la ricombinazione diseguale. Quando i dupliconi con sequenza omologa si trovano su cromosomi differenti sono facilitate le traslocazioni, quando sono localizzate sullo stesso cromosoma sono facilitate le microdelezioni e le microduplicazioni.

LE SEQUENZE RIPETUTE (REPEAT EXPANSION)

La patologia da sequenze ripetute (tipicamente trinucleotidi) è un fenomeno tipico dell'uomo, non osseravato in altre specie. I tipi di ripetizioni patogene sono due:
1.    ripetizioni poliQ: dovute a ripetizioni di CAG che determinano tratti di poliglutammina. Di solito gli alleli stabili sono di 10-30 ripetizioni, mentre gli alleli instabili e patogeni sono di 40-200 ripetizioni.
2.    ripetizioni non codificanti: tali espnsioni inibiscono l'espressione  dei geni interessati. Solitamente gli alleli stabili presentano 5-50 ripetizioni, mentre gli alleli patogeni mostrano centinaia o migliaia di ripetizioni.

DELEZIONI E INSERZIONI IN FRAME E FRAME SHIFTING

Le delezioni e le inserzioni in frame di uno o più aminoacidi possono essere patogene ma anche non patogene. Le delezioni e le inserzioni con slittamento del frame di lettura sono invece generalmente patogene.

LE MUTAZIONI DELLO SPLICING

Lo splicing è il processo attraverso il quale gli introni vengono eliminati dal messaggero iniziale fino ad ottenere il messaggero finale, che è costituito esclusivamente da sequenza codificante (e che viene poi esportato fuori dal nucleo cellulare). Lo splicing avviene ad opera di enzimi che riconoscono siti donatori (GT) e siti accettori (AG)...

CONVERSIONE GENICA

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conversione genica: cosa è?La conversione genica è un fenomeno per il quale si ha un trasferimento non reciproco di informazione da una sequenza di DNA ad unaltra non allelica (conversione genica interlocus, in trans o in cis, fra due locus situati su cromosomi omologhi o su cromatidi fratelli) o allelica (conversione genica interallelica). Lo scambio è unidirezionale, perché la sequenza ricevente viene modificata da quella donatrice, ma non viceversa. La conversione genica è una causa frequente di mutazioni-malattia in geni per i quali esistono pseudogeni. Tipicamente gli pseudogeni contengono diverse mutazioni nella loro sequenza, che però non sono clinicamente rilevanti perchè gli pseudogeni non sono espressi a livello proteico. In caso di conversione genica un segmento di pseudogene si inserisce nel gene, introducendo le proprie mutazioni e intaccando così la trascrizione del gene. Infatti, essendo il gene attivamente trascritto, la mutazione originaria dello pesudogene viene attivata, con il conseguente effetto deleterio. Tipici esempi di conversione genica sono le mutazioni rilevabili nel gene CYP21A2, che può frequentemente essere interrotto da segmenti provenienti dal suo pseudogene CYP21A1P. Per ulteriori dettagli sulla conversione genica come causa di mutazioni deleterie nel gene CYP21A2 puoi leggere la relativa lezione:

CONVERSIONE GENICA: PATOGENESI DELL'IPERPLASIA SURRENALE CONGENITA

La conversione genica sembra essere anche uno dei meccanismi che sono alla base dell'evoluzione del genoma umano. Il gene umano PKD1, ad esempio, ha ben 6 pseudogeni localizzati sullo stesso cromosoma, mentre l'omologo murino di questo gene non presenta pseudogeni. Studi recenti sembrano indicare come questa differenza nel numero di pseudogeni fra topo e uomo possa essere dovuta a fenomeni di conversione genica e di ricombinazione allelica fra non omologhi (non-homologous allelic recombination - NHAR) verificatisi nello scimpanzee e nell'uomo (PMID: 18822117).

10 domande frequenti sulle staminali del cordone

Il concetto della conversione genica è anche sfruttato in alcuni approcci sperimentali di terapia genica. Ad esempio, esperimenti in vitro sembrano dimostrare il successo della conversione della sequenza di SMN2 nella sequenza di SMN1 tramite l'utilizzo di single-stranded oligonucleotides (ODN; PMID: 18078930) in modelli di terapia per l'atrofia muscolare spinale (spinal muscular atrophy - SMA).

Qui sotto, un video esplicativo sui meccanismi e sui tipi di conversione genica noti:

CROSSING-OVER UGUALE E DISEGUALE




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Il crossing-over è anche detto ricombinazione omologa. Il crossing-over avviene alla meiosi e, sia pur più raramente, alla mitosi e consta nello scambio di frammenti fra cromatidi non fratelli. Esiste anche lo scambio tra cromatidi fratelli, che tuttavia non produce variazioni genetiche, perché i cromatidi fratelli hanno sequenze identiche. Il crossing-over porta normalmente a scambi equivalenti, perché il taglio e la riunione avviene nello stesso punto in ciascun cromatidio. Grazie al crossing-over possono formarsi alleli ibridi o da fusione, formati cioè da un pezzo dell’allele di un cromatidio e un pezzo dell’allele dell’altro cromatidio non fratello.
Fig. 1: crossing-over uguale: non patogenico
Il crossing-over diseguale (o ricombinazione omologa non allelica - non homologous allelic recombination - NHAR) si realizza tra sequenze non alleliche di cromatidi non fratelli o cromatidi fratelli. Questo fenomeno porta alla genesi di inserzioni/delezioni (delezione su un cromatidio, inserzione sull’altro), che possono essere patogene.

Fig. 2: crossing-over diseguale: patogenico

Alla base del fenomeno del crossing-over vi è la presenza di sequenze ripetute. Lo scambio tende cioè a verificarsi in corrispondenza di regioni cromosomiche dove vi vi è un alto grado di ripetitività delle sequenze. Il NHAR in particolare è causato dall'appiamento sfasato fra sequenze ripetute su cromatidi fratelli o non fratelli.

LE MUTAZIONI DEL DNA

Mutazioni del DNA: transizioni, trasversioni, siti dei codoni
Nell’uomo due sequenze di DNA differiscono in media per un nucletode ogni 1.250, perciò il tasso di eterozigosi media è di circa 0,08%. Le regioni codificanti sono le maggiormente conservate, quelle introniche sono le più variabili. Un tasso di mutazione intermedio è mostrato dalle sequenze delle regioni non tradotte (5’ e 3’UTR) e del promotore (200 basi circa fiancheggianti la 5’UTR).

Poiché il tasso di mutazione è relativamente basso, la maggioranza delle differenze alleliche di un individuo è ereditata e non è de novo. La maggior parte delle mutazioni insorge per errori di copia durante la replicazione del DNA.

La selezione favorisce le transizioni rispetto alle trasversioni (anche se, per casualità, dovrebbero essere ben due volte superiori le seconde!). Le transizioni, infatti, determinano di solito una conservazione della sequenza polipeptidica. Inoltre, il meccanismo di riparazione del DNA è probabilmente più efficacie sulle seconde. Tanto per ricordarlo: una transizione è un cambiamento da purina a purina o da pirimidina a pirimidina (dunque C>T e A>G, ad esempio, sono transizioni), mentre una trasversione è un cambiamento da purina a pirimidina (o viceversa; ad esempio, sono trasversioni A>C e T>G).

Nel codone vi è una distribuzione non omogenea dei vari tipi di mutazione. Come noto, ogni codone è costituito da tre basi (localizzate in prima, seconda e terza posizione). A seconda del codone in questione, le mutazioni della prima, seconda e/o terza posizione possono portare a tipi di mutazione diversi (sinonime, non sinonime, conservative, non conservative).  In ogni codone esistono infatti tre tipi di siti:
  • siti non degenerati: siti nei quali tutte e tre le sostituzioni nuceotidiche possibili sono non-sinonime: sono la maggior parte, occupando il 65% di tutte le posizioni dei codoni umani. Sono spesso localizzati nella prima base, ma possono trovarsi anche nella seconda o nella terza.
  • siti degenerati quattro volte: tutte le possibli sostituzioni nucleotidiche sono sinonime. Sono spesso nella terza posizione del codone: in effetti questi siti garantiscono che l’incertezza della terza base abbia un effetto minimo.
  • siti degenerati due volte: qui, anche qualora si verifichi una trasversione invece che una transizione, l’evoluzione ha favorito risultati tendenzialmente conservativi (vedi sotto).
Poichè abbiamo introdotto il concetto di mutazione sinonima (che non altera cioè la sequenza aminoacidica) e mutazione non-sinonima (che altera cioè la sequenza aminoacidica introducendo un aminoacido diverso), è bene specificare i diversi tipi di mutazioni non-sinonime, più comunemente dette mutazioni missenso. Le sostituzioni indotte dalle mutazioni missenso possono essere:
  • sostituzioni conservative: la sostituzione avviene con un aminoacido chimicamente simile. Spesso l’effetto di tali mutazioni è minimo. Come detto, avvengono spesso in terza posizione del codone.
  • sostituzioni non-conservative: come detto, avvengono più spesso in prima o seconda posizione del codone. L'effetto di queste mutazioni può essere biologicamente rilevante, a volte patogeno.
Nel caso di patologie a trasmissione autosomica recessiva, il perpetrarsi della mutazione nella popolazione è spesso dovuto a un vantaggio selettivo dell’eterozigote (selezione con sovra-dominanza). Ad esempio, i portatori sani di fibrosi cistica potrebbero aver avuto un vantaggio riproduttivo rispetto agli omozigoti wild-type, poichè lo stato di eterozigosi per una mutazione del gene CFTR potebbe aver conferito una certa protezione dall’infezione da Salmonella Typhi.

Una mutazione vantaggiosa, invece, potrebbe indurre una selezione co-dominante, nella quale gli omozigoti mostrano un grande vantaggio e gli eterozigoti un vantaggio solo intermedio.

Pare comunque che la maggior parte delle mutazioni non-sinonime (missenso) abbia effetto dannoso. È certo, invece, che le mutazioni nonsenso sono quasi sempre dannose. A causa di ciò, infatti, le mutazioni nonsenso sono state pesantemente selezionate dall’evoluzione, e sono perciò rare: stando al numero di basi, nei geni umani dovrebbe esserci un codone nonsenso ogni 30; in media, invece, ogni gene possiede circa 500-550 codoni (il che significa che un codone di stop si vede con una frequenza media di 1 ogni 500 e non di 1 ogni 30).

Un elevato tasso di mutazioni patogene si riscontrano nelle sequenze di dinucleotdi CpG (le cosiddette CpG islands). Altro punto caldo di mutazioni è rappresentato dal genoma mitocondriale (mtDNA). A differenza di ciò che avviene per il genoma nucleare, il genoma mitocondriale è presente in migliaia di copie in ogni cellula. Poiché ogni mutazione insorge su una singola molecola di mtDNA, ci si apsetterebbe che la mutazione venga difficilmente fissata, ma non è così. Al contrario, la mutazione mitocondriale si fissa facilmente, probabilmente a causa del fatto che lo mtDNA è molto esposto ai danni dei radicali liberi, che non è protetto dagli istoni, che non ha adeguati sistemi di riparazione come il DNA nucleare e che si replica molte più volte di quest ultimo.
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INATTIVAZIONE DELL’X

L’inattivazione dell’X nel mammifero è casuale viene ereditata in modo clonale (cioè, dopo che una cellula ha inattivato uno dei due cromosomi X, tutte le cellule derivanti da questa per divisione avranno inattivato lo stesso X). Quindi, tutte le femmine di mammifero sono mosaici per due linee cellulari: una in cui è inattivo l’X materno, l’altra in cui è inattivo l’X paterno. L’inattivazione dell’X viene temporaneamente deattivata durante la gametogenesi.

GENOMA NUCLEARE

Il genoma nucleare è costituito da 24 molecole lineari di DNA a doppio filamento, a ciascuna delle quali si legano istoni e altre proteine non-istoniche a formare i cromosomi (22 autosomi in doppia copia - ma uniti a due a due in corrispondenza del centromero - e due cromosomi sessuali, X e Y). I geni che codificano per proteine hanno dimensioni inversamente proporzionali alla dimensione della regione di DNA effettivamente codificante: ciò si deve al fatto che geni grandi tendono ad avere introni molto lunghi. Per quanto riguarda gli esoni, invece, questi hanno una dimensione media di 200 basiIn media, nel genoma umano c’è un gene ogni 100 kb. Occasionalmente si hanno geni le cui estremità 5’ sono separate da poche basi o che addirittura sono parzialmente sovrapposti (evento più raro) a causa del fatto che si trovano su filamenti diversi (organizzazione genica bidirezionale). In altri rari casi alcuni piccoli geni possono localizzarsi sul filamento opposto in corrispondenza di un introne di un altro gene (geni dentro altri geni; ad esempio, i geni NF1, F8 e RB1 contengono altri geni).

GENOMA MITOCONDRIALE

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Contiene 37 geni (24 geni per tRNA e rRNA e 13 geni per polipeptidi). Il 93% ca. della sequenza è codificante! È costituito da una catena a doppio filamento di circa 16,5 kb. È estremamente ricco in G e C: il filamento pesante (H) è ricco in G e codifica per 28 geni, mentre il filamento leggero (L) è ricco in C e codifica per 9 geni. Una piccola porzione è a tripla elica (struttura DNA 7S). I polipeptidi codificano per subunità dei complessi respiratori, coinvolti nella fosforilazione ossidativa e nella produzione di ATP (ma la maggioranza dei polipeptidi coinvolti nella fosforilazione ossidative, che sono circa 110, sono codificati dal genoma nucleare).

IL GENOMA UMANO

Il genoma umano è in realtà costituito da due genomi: quello nucleare (ca. 30.000 geni) e quello mitocondriale (37 geni). Il genoma mitocondriale è assai più conservato di quello nucleare. La maggior parte dei polipeptidi utilizzati nel mitocondrio è comunque codificata dal genoma nucleare.

Una minoranza non trascurabile del genoma (dal 5% al 10%) è costituita da geni che specificano per ncRNA, cioè RNA non codificante (si tratta dei cosiddetti geni a RNA), il che obbliga a riconsiderare quali siano le funzioni dell’RNA.

Esistono famiglie di sequenze codificanti di DNA, costituite da sequenze che si sono duplicate e che si trovano su cromosomi differenti o in punti diversi dello stesso cromosoma. I meccanismi che producono geni duplicati danno luogo anche a sequenze correlate non funzionali, come ad esempio gli pseudogeni. Si calcola che gli pseudogeni siano circa 20.000!

Come in tutti i genomi complessi, una considerevole porzione del genoma è non codificante (non codifica cioèper messaggeri che verranno tradotti in proteine): la porzione codificante del genoma umano è pari soltanto all’1,5% circa!

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MODIFICHE POST-TRADUZIONALI

Può avvenire attraverso laggiunta di gruppi chimici che vengono uniti covalentemente alla catnea aminoacidica: è il caso della idrossilazione, della fosforilazione, ecc. o dellaggiunta di carboidrati (glicosilazione) o dellaggiunta di lipidi. Inoltre, i prodotti primari della traduzione possono subire un taglio interno, che genera un prodotto maturo più corto.
Occasionalmente la metionina iniziale viene tagliata dal prodotoo primario, come durante la sintesi della β-globina:
polipeptide precursore:          N Met (metionina N-terminale)
proteina matura:         N Met (metionina N-terminale)       (rimozione della)

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