L'anemia diseritropoietica congenita ematologica è una malattia ereditaria distinta in tre forme diverse che si differenziano per clinica ed eziologia genetica. Tutti e 3 i tipi di anemia diseritropoietica congenita (ACD) sono caratterizzati da eritropoiesi inefficace (inefficace produzione di globuli rossi), anemia e presenza di eritroblasti (precursosi dei globuli rossi) multinucleati. Nei primi due tipi si ha anche emocromatosi (accumulo di ferro nei tessuti). Di seguito la descrizione più dettagliata di ciascun tipo.
TIPO 1
Molto raro, è caratterizzato da anemia macrocitica. Occasionalmente si trova in associazione ad anomalie ossee, specialmente delle mani e dei piedi (acrodisostosi), ipoplasia ungueale e scoliosi. La malattia può esordire nel periodo neonatale o nella prima infanzia, ma è stato descritto anche l'esordio in utero sotto forma di idrope fetale.
TIPO 2
È la più frequente ed è nota anche come HEMPAS (polinuclearità eritroblastica ereditaria con test positivo alla lisi in siero acidificato). Esordisce generalmente nelle prime due decadi di vita, tuttavia esistono forme lievi che possono rimanere silenti fino all'età adulta. Alcuni pazienti affetti, inoltre, non sviluppano anemia. Le manifestazioni cliniche includono: segni e sintomi secondari all'anemia (astenia e tachicardia) e segni dovuti all'emolisi (ittero ed epatosplenomegalia, ovvero aumento del volume di fegato e milza). Sono inoltre presenti disturbi dovuti alla deposizione del ferro rilasciato dai globuli rossi distrutti (emosiderosi), soprattutto a livello del fegato. L'esame dello striscio periferico di sangue mette in evidenza le alterazioni di forma (anisopoichilocitosi), la riduzione delle dimensioni (microcitemia) e la diminuzione del carico di emoglobina (ipocromia) dei globuli rossi, mentre dagli esami ematochimici emerge l'innalzamento della bilirubina indiretta, segno dell'eccessiva emolisi. Normalmente i globuli rossi vengono prodotti a livello del midollo osseo (il processo è denominato "eritropoiesi") e, alla fine del loro ciclo vitale, vengono distrutti (attraverso il processo denominato "emolisi") per essere rimpiazzati da cellule nuove che si formano a partire dai precursori denominati "eritroblasti". Nell'ACD l'eritropoiesi, che infatti viene definita "inefficace", non è in grado di controbilanciare l'emolisi. Gli eritroblasti mostrano infatti alterazioni specifiche, tali per cui una volta immessi nel torrente circolatorio, vengono distrutti prematuramente. Anche il bilancio del ferro (costituente principale dell'emoglobina) risulta alterato. Rilasciato dai globuli rossi emolizzati, il ferro non viene adeguatamente utilizzato e inizia a depositarsi in vari organi portando ad alterazioni funzionali. In circa il 10% dei casi si manifestano quindi disturbi caratteristici di emocromatosi, la cui complicanza più importante è rappresentata dalla cirrosi epatica. Nell'ACD è descritta, inoltre, una maggiore incidenza di calcoli alla cistifellea (colelitiasi). Come complicanze rare sono state descritte la crisi aplastica da infezione da parvovirus B19 (4 pazienti) e tumori paravertebrali costituiti da tessuto ematopoietico extramidollare (2 pazienti). In alcuni rari casi sono state descritti anche ritardo mentale e malformazioni congenite come difetto del setto ventricolare, emipertrofia, carenza di pigmentazione cutanea (piebaldismo) e atresia vaginale.
TIPO 3
È la forma pià rara ed è caratterizzata da anemia macrocitica, ittero e, a volte, splenomegalia. In alcuni membri affetti di una famiglia svedese sono stati descritti anche il mieloma e la gammopatia monoclonale.
Cause
Il tipo 1 ha un'ereditarietà autosomica recessiva ed è dovuto a mutazioni nel gene CDAN1 localizzato nella regione cromosomica 15q15.
Il tipo 2 ha ereditarietà autosomica recessiva ed è dovuto a mutazioni in un gene localizzato in regione 20q11.2
Il più raro tipo 3 ha un'ereditarietà sia autosomica dominante che recessiva ed è dovuto a mutazioni in un gene localizzato nella regione 15q21.
Consulenza genetica
Indicata. Nella trasmissione autosomica recessiva gli affetti nascono da genitori portatori sani con una probabilità del 25% ad ogni concepimento ed indipendentemente dal sesso del nascituro. Nella trasmissione autosomica dominante gli affetti vengono generati da un genitore affetto con una probabilità del 50% ad ogni concepimento ed indipendentemente dal sesso del nascituro.
La malattia affligge in uguale misura entrambi i sessi. Quasi tutti i pazienti segnalati nella letteratura medico-scientifica sono di origine caucasica. La regione più colpita è il sud Italia, ma sono stati descritti casi anche in Europa nord-occidentale, Nord Africa e India. Fino ad ora sono stati descritti circa 300 casi.
Solo se di grado severo, si procede al trattamento dell'anemia attraverso trasfusioni di sangue. Tale cautela nell'approccio terapeutico è dettata dalla necessità di evitare il sovraccarico di ferro nell'intento di prevenire l'emocromatosi. Per lo stesso motivo è quindi controindicata la somministrazione di farmaci antianemici a base di ferro. Solo in una ridottissima percentuale di casi l'asportazione chirurgica della milza (splenectomia) si è dimostrata in grado di migliorare l'anemia. Se presente emocromatosi, si può ottenere l'abbassamento delle concentrazioni plasmatiche di ferro attraverso il salasso o l'utilizzo di farmaci chelanti (sostanze che si legano al ferro favorendone l'eliminazione).
TIPO 1
Molto raro, è caratterizzato da anemia macrocitica. Occasionalmente si trova in associazione ad anomalie ossee, specialmente delle mani e dei piedi (acrodisostosi), ipoplasia ungueale e scoliosi. La malattia può esordire nel periodo neonatale o nella prima infanzia, ma è stato descritto anche l'esordio in utero sotto forma di idrope fetale.
TIPO 2
È la più frequente ed è nota anche come HEMPAS (polinuclearità eritroblastica ereditaria con test positivo alla lisi in siero acidificato). Esordisce generalmente nelle prime due decadi di vita, tuttavia esistono forme lievi che possono rimanere silenti fino all'età adulta. Alcuni pazienti affetti, inoltre, non sviluppano anemia. Le manifestazioni cliniche includono: segni e sintomi secondari all'anemia (astenia e tachicardia) e segni dovuti all'emolisi (ittero ed epatosplenomegalia, ovvero aumento del volume di fegato e milza). Sono inoltre presenti disturbi dovuti alla deposizione del ferro rilasciato dai globuli rossi distrutti (emosiderosi), soprattutto a livello del fegato. L'esame dello striscio periferico di sangue mette in evidenza le alterazioni di forma (anisopoichilocitosi), la riduzione delle dimensioni (microcitemia) e la diminuzione del carico di emoglobina (ipocromia) dei globuli rossi, mentre dagli esami ematochimici emerge l'innalzamento della bilirubina indiretta, segno dell'eccessiva emolisi. Normalmente i globuli rossi vengono prodotti a livello del midollo osseo (il processo è denominato "eritropoiesi") e, alla fine del loro ciclo vitale, vengono distrutti (attraverso il processo denominato "emolisi") per essere rimpiazzati da cellule nuove che si formano a partire dai precursori denominati "eritroblasti". Nell'ACD l'eritropoiesi, che infatti viene definita "inefficace", non è in grado di controbilanciare l'emolisi. Gli eritroblasti mostrano infatti alterazioni specifiche, tali per cui una volta immessi nel torrente circolatorio, vengono distrutti prematuramente. Anche il bilancio del ferro (costituente principale dell'emoglobina) risulta alterato. Rilasciato dai globuli rossi emolizzati, il ferro non viene adeguatamente utilizzato e inizia a depositarsi in vari organi portando ad alterazioni funzionali. In circa il 10% dei casi si manifestano quindi disturbi caratteristici di emocromatosi, la cui complicanza più importante è rappresentata dalla cirrosi epatica. Nell'ACD è descritta, inoltre, una maggiore incidenza di calcoli alla cistifellea (colelitiasi). Come complicanze rare sono state descritte la crisi aplastica da infezione da parvovirus B19 (4 pazienti) e tumori paravertebrali costituiti da tessuto ematopoietico extramidollare (2 pazienti). In alcuni rari casi sono state descritti anche ritardo mentale e malformazioni congenite come difetto del setto ventricolare, emipertrofia, carenza di pigmentazione cutanea (piebaldismo) e atresia vaginale.
TIPO 3
È la forma pià rara ed è caratterizzata da anemia macrocitica, ittero e, a volte, splenomegalia. In alcuni membri affetti di una famiglia svedese sono stati descritti anche il mieloma e la gammopatia monoclonale.
Cause
Il tipo 1 ha un'ereditarietà autosomica recessiva ed è dovuto a mutazioni nel gene CDAN1 localizzato nella regione cromosomica 15q15.
Il tipo 2 ha ereditarietà autosomica recessiva ed è dovuto a mutazioni in un gene localizzato in regione 20q11.2
Il più raro tipo 3 ha un'ereditarietà sia autosomica dominante che recessiva ed è dovuto a mutazioni in un gene localizzato nella regione 15q21.
Consulenza genetica
Indicata. Nella trasmissione autosomica recessiva gli affetti nascono da genitori portatori sani con una probabilità del 25% ad ogni concepimento ed indipendentemente dal sesso del nascituro. Nella trasmissione autosomica dominante gli affetti vengono generati da un genitore affetto con una probabilità del 50% ad ogni concepimento ed indipendentemente dal sesso del nascituro.
La malattia affligge in uguale misura entrambi i sessi. Quasi tutti i pazienti segnalati nella letteratura medico-scientifica sono di origine caucasica. La regione più colpita è il sud Italia, ma sono stati descritti casi anche in Europa nord-occidentale, Nord Africa e India. Fino ad ora sono stati descritti circa 300 casi.
Solo se di grado severo, si procede al trattamento dell'anemia attraverso trasfusioni di sangue. Tale cautela nell'approccio terapeutico è dettata dalla necessità di evitare il sovraccarico di ferro nell'intento di prevenire l'emocromatosi. Per lo stesso motivo è quindi controindicata la somministrazione di farmaci antianemici a base di ferro. Solo in una ridottissima percentuale di casi l'asportazione chirurgica della milza (splenectomia) si è dimostrata in grado di migliorare l'anemia. Se presente emocromatosi, si può ottenere l'abbassamento delle concentrazioni plasmatiche di ferro attraverso il salasso o l'utilizzo di farmaci chelanti (sostanze che si legano al ferro favorendone l'eliminazione).
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