domenica 6 aprile 2014

ESPRESSIVITÀ VARIABILE (PLEIOTROPIA, PLEIOTROPISMO)

espressività variabile (copyright 2014 lezionidigenetica)
Si definisce espressività variabile (o pleiotropia o pleiotropismo) il fenomeno per il quale una malattia genetica presenta, nell'ambito di uno spettro definito, manifestazioni cliniche diverse da individuo a individuo.

L'espressività variabile è osservabile non solo in pazienti appartenenti a famiglie diverse (variabilità interfamiliare), ma anche in individui della stessa famiglia (variabilità intrafamiliare) e in individui con la stessa mutazione genetica. L'espressività variabile, così come la penetranza incompleta, tende a manifestarsi più frequentemente nelle patologie ad ereditarietà autosomica dominante, ma può comparire anche in quelle a trasmissione autosomica recessiva, mitocondriale e X-linked. Il perché l'espressività variabile e la penetranza incompleta siano proprietà più tipiche dei caratteri autosomici dominanti è forse da imputarsi al fatto che la copresenza di proteina normalmente funzionante e di proteina mutata possa aprire a interazioni più ampie con altri fattori genetici e/o ambientali. Inoltre i tratti dominanti sono spesso causati da mutazioni gain-of-function, cioè mutazioni che invece che abolire la funzione proteica la modificano, aprendo anche qui la strada a interazioni molecolari più variegate. Va comunque ricordato che, come detto sopra, nelle patologie ad espressività variabile il quadro clinico può variare anche in pazienti con la stessa mutazione (ed è questa la ragione per la quale è spesso impossibile fare correlazioni genotipo-fenotipo).

Il termine espressività variabile si utilizza a volte anche per riferirsi al diverso grado di severità e alla variabilità nell'età d'insorgenza della malattia, anche se più propriamente il termine andrebbe riferito al fenomeno per il quale la malattia si manifesta in organi e tessuti diversi da paziente a paziente.

Un esempio tipico di espressività variabile è la sindrome di Marfan, una patologia a trasmissione autosomica dominante causata da mutazioni eterozigoti nel gene FBN1. Rientrano nello spettro clinico della sindrome di Marfan il coinvolgimento del sistema muscoloscheletrico (dolicostenomelia, cioè aumentata lunghezza degli arti, aracnodattilia, cioè dita delle mani allungate, ipermobilità articolare, protrusione dell'acetabolo, deformità del torace, micrognazia, ipoplasia della regione mascellare e dolicocefalia dell'asse anteroposteriore), del sistema cardiovascolare (dilatazione aortica progressiva, insufficienza mitralica), oculare (miopia assiale con possibile distaccamento della retina e del cristallino), cutaneo (smagliature) e polmonare (rischio aumentato di pneumotorace). A causa dell'estrema variabilità clinica della sindrome di Marfan, la diagnosi si presenta spesso difficile (o tardiva, soprattutto nei casi con manifestazioni più lievi) e non accade raramente che la sindrome, soprattutto ad un primo approccio, possa essere confusa con altre entità che tipicamente fanno parte della diagnosi differenziale: la sindrome di Ehlers-Danlos, la sindrome MASS, la sindrome di Shprintzen-Goldberg, la sindrome di Loeys-Dietz, ecc. Per facilitare la conferma o l'esclusione della sindrome di Marfan sono stati quindi definiti dei criteri diagnostici internazionali (i cosiddetti criteri di Ghent).

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