sabato 31 agosto 2013

ATASSIA TELEANGECTASIA

L'atassia teleangectasia (o telangectasia) è una malattia geneticamente determinata caratterizzata da atassia cerebellare progressiva, aprassia oculomotoria, infezioni frequenti, coreoatetosi, teleangectasia delle congiuntive, immunodeficienza e aumentato rischio di tumori maligni, in particolare linfoma e leucemia. Inoltre, i pazienti sono insolitamente più sensibili alle radiazioni ionizzanti (raggi X).


Fig. 1: atassia teleangectasia. Rappresentazione schematica del quadro clinico.
Clinica

Le manifestazioni primarie della malattia sono l'atassia (incapacità alla coordinazione dei movimenti) che insorge fra il primo e il quarto anno di vita, la difettosa produzione verbale (linguaggio biascicato), l'aprassia oculomotoria (incapacità a seguire gli oggetti nel campo visivo), la coreoatetosi (associazione di movimenti involontari di tipo coreico ossia improvvisi, irregolari, scattanti, presenti a riposo e atetosico ossia lenti, irregolari, continui), la teleangectasia oculocutanea (piccole dilatazioni delle giunzioni tra capillari e venule), che di solito esordisce entro i sei anni di vita, le infezioni frequenti associate all'immunodeficienza umorale e cellulare, l'aumentata suscettibilità al cancro (di solito leucemia o linfoma) e l'ipersensibilità alle radiazioni ionizzanti. Altre caratteristiche della malattia sono l'invecchiamento prematuro con la comparsa di capelli grigi e anomalie endocrine come il diabete mellito insulino-resistente. Negli stadi tardivi la malattia presenta scarsa variabilità.

I pazienti affetti hanno tipicamente un'intelligenza normale, anche se il ritardo nelle risposte verbali e motorie rende difficile completare i test cognitivi; alcuni finiscono gli studi superiori con buoni risultati, altri riescono a finire l'università. Occasionalmente, tuttavia, possono manifestarsi difficoltà nell'apprendimento o ritardo mentale lieve.

La diagnosi è clinica, ma può essere completata dal test genetico, dal dosaggio dell'alfafetoproteina sierica (aumentata), dalla determinazione della presenza della proteina ATM (tramite l'immunoblotting), dal saggio di radiosensibilità, dal dosaggio dell'attività chinasica della proteina ATM. L'atrofia cerebellare inizia precocemente e il cervelletto è visibilmente più piccolo alla risonanza magnetica già dal settimo od ottavo anno di vita.

E' stata riportata una maggiore suscettibilità ai tumori anche per i soggetti eterozigoti portatori sani (tipicamente i genitori dei soggetti affetti): il rischio di cancro per questi soggetti è aumentato di quattro volte (in particolare risulta aumentato il rischio di cancro al seno). Studi in vitro hanno dimostrato che i soggetti eterozigoti portatori sani hanno un livello intermedio di radiosensibilità.

Cause

La malattia è geneticamente determinata con trasmissione autosomica recessiva. Le mutazioni sono state identificate nel gene ATM, localizzato sul cromosoma 11 (regione 11q22.3). L'analisi molecolare del gene tramite sequenziamento e analisi di delezioni/duplicazioni riesce a identificare le mutazioni-malattia nella maggioranza dei pazienti con una diagnosi clinica. La mutazione viene identificata per lo più tramite sequenziamento (90%-95% dei casi circa), mentre in una minoranza di casi la mutazione consiste in una grossa delezione o duplicazione (di poche centinaia di nucleotidi o di interi esoni) che non sono rilevabili tramite il sequenziamento e che richiedono l'analisi di delezione/duplicazione (fattibile tramite qPCR o, più spesso, tramite MLPA). Rimangono comunque dei casi in cui la mutazione-malattia non si riesce ad identificare, forse perchè localizzata profondamente in un introne. In questi casi si può procedere all'analisi di linkage, anche se non tutti i laboratori offrono questo particolare studio.

Consulenza genetica

I genitori di un paziente sono solitamente portatori sani della malattia ed hanno, ad ogni concepimento ed indipendetemente dal sesso del nascituro, una probabilità del 25% di concepire altri figli affetti dalla malattia. I portatori sani hanno anche un'aumentata suscettibilità ai tumori. Per le coppie che abbiano già avuto un figlio affetto è possibile eseguire la diagnosi prenatale genetica tramite sequenziamento o analisi di delezione/duplicazione (MLPA) o tramite l'analisi di linkage (offerta solo da alcuni laboratori specializzati). Non si deve dimenticare che i genitori portatori sani diventano essi stessi centrali nella consulenza genetica, a causa dell'aumentata suscettibilità ai tumori dei soggetti eterozigoti.

Epidemiologia

Non esiste predominanza di sesso. Negli USA l'incidenza nei neonati è di 1/40.000-100.000. Pare che la malattia sia più frequente in Portogallo e in Giappone e, più in generale, nelle popolazioni con un elevato tasso di consanguineità.

Trattamento

Il trattamento della malattia è sostanzialmente sintomatico. E' indicata la somministrazione di antiossidanti (vitamine E o acido alfa-lipoico). La terapia sostitutiva tramite la somministrazione intravenosa di immunoglobuline sembra ridurre il numero di infezioni e dovrebbe essere presa in considerazione nei pazienti con infezioni frequenti e severe. La fisioterapia precoce e continuativa minimizza le contratture. E' possibile una terapia di supporto per ridurre lo sbavamento, la coreoatetosi e l'atassia, anche se la risposta varia da paziente a paziente. I pazienti con bronchiectasia cronica necessitano di un'attenta igiene polmonare.

ATASSIA SPINOCEREBELLARE

Clinica, eziologia e test di laboratorio dell'atassia spinocerebellare
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Le atassie spinocerebellari (in inglese spinocerebellar ataxia - SCA) sono delle malattie neurodegenerative caratterizzate da disturbi cerebellari che consistono in perdita dell'equilibrio, della coordinazione dei movimenti e della marcia, e disatria (difficoltà nel linguaggio). In questa pagina: clinica, eziologia e test di laboratorio, consulenza genetica, prevalenza, trattamento.


Per la lista completa dei sottotipi genetici di SCA fino ad oggi identificati potete leggere qui.

Per i dettagli sul test genetico per SCA potete invece leggere qui.

Clinica

Esistono due forme di atassia spinocerebellare: la forma ereditaria o familiare (35-40% dei casi), che insorge in media attorno ai 30 anni e la forma sporadica che si manifesta attorno ai 50 anni. La forma familiare viene a sua volta classificata in vari tipi, progressivamente numerati.
La presentazione clinica può essere variabile. La sintomatologia è legata alla progressiva perdita della funzionalità del cervelletto, la cui azione è principalmente quella di moderare la forza bruta e di coordinare i movimenti ("atassia" significa, appunto, assenza di coordinazione). Nella forma familiare l'esordio è di solito con un'atassia della marcia (con sbandamenti e facilità alle cadute), alla quale si associano disturbi di coordinazione dei movimenti degli arti superiori con conseguente impaccio nell'esecuzione di movimenti fini, difficoltà di articolazione della parola (disartria) con emissione di parola "scandita" e disturbi dei movimenti oculari. Nel 40% dei casi compaiono movimenti involontari, come le mioclonie (contrazioni di un muscolo o di un gruppo di muscoli) o movimenti coreici (movimenti improvvisi, involontari e afinalistici). Nel 10% dei casi compare anche tremore intenzionale. Le singole varianti familiari possono presentare manifestazioni cliniche peculiari. Nella SCA di tipo 7, ad esempio, si associa una degenerazione retinica fino alla cecità; in altri tipi, invece, è a volte osservabile il ritardo mentale. Nelle forme sporadiche, accanto ai disturbi cerebellari fanno spesso comparsa una neuropatia periferica sensitiva e un'ipotensione ortostatica (riduzione della pressione arteriosa nel passaggio dalla posizione supina alla stazione eretta con possibilità di svenimento). In alcuni casi è descritto il piede cavo. Esistono anche forme miste in cui con compaiono segni cerebellari insieme a segni parkinsoniani. Tardivamente possono mostrarsi anche disturbi della deglutizione, incontinenza urinaria e demenza.

La malattia evolve in modo lentamente progressivo (15-20 anni) nelle forme ereditarie, in maniera più rapida (circa 5-6 anni) nelle varianti non ereditarie.
Per la diagnosi, oltre al quadro clinico, è determinante l'esecuzione della Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) cerebrale che, oltre ad escludere la presenza di altre patologie a carico del sistema nervoso centrale (sclerosi multipla, tumori, lesioni vascolari), può evidenziare una riduzione delle dimensioni del cervelletto, del ponte cerebrale ed un ampliamento del IV ventricolo cerebrale. Va, tuttavia, ricordato che, all'esordio della sintomatologia, la RMN può essere normale. Fra le altre malattie che entrano in diagnosi differenziale con le atassie spinocerebellari si ricordano gli stati carenziali di vitamina B12 o vitamina E e le sindromi paraneoplastiche (soprattutto legate al carcinoma ovarico e al microcitoma polmonare).

Istologicamente, nelle forme sporadiche si osserva la presenza di inclusioni nucleari e citoplasmatiche argirofile, la perdita di neuroni e la gliosi reattiva nel cervelletto (perdita selettiva delle cellule di Purkinje), nei nuclei pontini, nel nucleo olivare inferiore, nella substantia nigra e nella corteccia cerebrale. Nelle forme familiari a trasmissione autosomica dominante più spesso si ha una degenerazione dei cordoni posteriori del midollo spinale, dei tratti spino-cerebellari e dei motoneuroni spinali.

Eziologia e test di laboratorio

Le forme di atassia spinocerebellare familiare sono geneticamente determinate e presentano nel 70% dei casi una modalità di trasmissione autosomica dominante (figli affetti nascono cioè da genitori affetti con una probabilità del 50% ad ogni gravidanza). Alcuni casi sono invece sporadici (i pazienti sono nati cioè da genitori sani per effetto di una mutazione de novo) o ereditati con modalità autosomica recessiva (gli affetti nascono cioè da genitori portatori sani con una probabilità del 25% ad ogni gravidanza). Dieci delle forme note a trasmissione autosomica dominante sono dovute all'espansione di triplette (tipi 1, 2, 3, 6, 7, 17, atrofia dentatorubro-pallidoluysiana, 10, 12 e 31). Le malattie da espansione di triplette sono caratterizzate da un peggioramento del quadro clinico all'aumentare del numero di ripetizioni delle triplette e dal fenomeno dell'anticipazione, ossia dall'aumento del numero di triplette nella trasmissione da una generazione all'altra. Altre forme a trasmissione dominante sono, invece, dovute alla presenza di mutazioni convenzionali nella sequenza del gene: mutazioni puntiformi o grosse delezioni duplicazioni (tipi 5, 11, 13, 14, 15/16/29, 27 e 28). Mutazioni del gene AFG3L2, che causano la forma autosomica dominante SCA28, possono in realtà causare anche una forma a tramissione autosomica recessiva (SPAX5): in due gemelli affetti è stata descritta omoziogsi per l'allele ipomorfo c.1847A>Gp.Y616C - PMID: 22022284.

I geni mutati nella atassia spinocerebellare fino ad ora identificati nelle forme classiche (abbreviate con SCA) sono: ATXN1, ATXN2, ATXN3, ATXN7, ATXN8OS, ATXN10, BEAN1, CACNA1A, FGF14, IFRD1, ITPR1, KCNC3, KCND3, PDYN, PPP2R2B, PRKCG, SPTBN2, TBP, TTBK2, AFG3L2. Esistono poi altre forme, distinte per particolari segni associati, per le quali numerosi altri geni sono stati identificati. Per la lista completa dei sottotipi genetici di SCA fino ad oggi identificati potete leggere qui.

Per quanto riguarda i test genetici di laboratorio delle varie forme di atassia spinocerebellare, ecco alcuni dettagli:

- per le forme di atassia spinocerebellare da espansione di tripletta è disponibile l'analisi genetica tramite fragment length analysis, sequenziamento e/o repeat primed-assay (RPA). Il repeat primed-assay (RPA) è un tipo avanzato di analisi fragment length che consente la rilevazione di espansioni estremamente grandi di triplette (nell'ordine di centinaia o migliaia di triplette). Queste grandi ripetizioni, infatti, non sarebbero rilevabili dal fragment length semplice o dal sequenziamento. I laboratori che non offrono il repeat-primed assay offrono solitamente il Southern-blot.

- per le forme di atassia spinocerebellare da mutazioni convenzionali è disponibile il sequenziamento (per la rilevazione delle mutazioni puntiformi) o il test di delezione/duplicazione tramite MLPA o qPCR. In linea di masima è consigliato procedere in prima istanza al sequenziamento, con l'eccezione del test per SCA15, poichè la grande maggioranza delle mutazioni del gene ITPR1 consistono in grosse delezioni o duplicazioni non rilevabili con il sequenziamento. Per ulteriori dettagli sul test genetico per SCA potete invece leggere anche qui.

Consulenza genetica


La consulenza genetica nell'atassia spinocerebellare è indicata in ragione della ereditarietà della malattia. La modalità di trasmissione e il fenomeno dell'anticipazione sono fra i temi più importanti. Nei pazienti affetti da una delle forme autosomiche dominante da espansione di triplette la mutazione è ereditata da uno dei genitori. Se i genitori sono entrambi non affetti, è possibile che uno di loro rechi una premutazione (un'espansione ridotta, asintomatica nel genitore, che si è espansa nella prole diventando sintomatica).

Prevalenza

La prevalenza delle forme ereditarie autosomiche dominanti é di circa 3 casi ogni 100.000 abitanti.

Trattamento

Attualmente non esiste una terapia farmacologica specifica in grado di guarire l'atassia spinocerebellare. L'unico trattamento disponibile è quello sintomatico (sul tremore, ad esempio), che tuttavia non è in grado di modificare il decorso naturale della malattia. Senz'altro utile è l'approccio riabilitativo, consistente in interventi di tipo fisioterapico e in modificazioni ambientali e dello stile di vita finalizzato a facilitare lo sfuttamento delle capacità funzionali residue del paziente e a ridurre le complicanze legate alla riduzione della motilità. [A:T, F:26.10.2013] 

SINDROME DI ARNOLD-CHIARI

Malformazione di Chiari e sindrome di Arnold-Chiari: nomenclatura
La sindrome di Arnold-Chiari, detta anche malformazione di Chiari tipo II, fa parte di un gruppo eterogeneo di anomalie delle strutture della fossa cranica posteriore denominate malformazioni di Chiari (in inglese Chiari malformation, CM) che hanno in comune l'erniazione delle tonsille cerebellari attraverso il forame magno. Si distinguono diversi tipi di CM in base al tipo di malformazione, età d'esordio, patologie associate e patogenesi.


Descrizione

La malformazione di Chiari tipo I (CMI) è definita dall'erniazione di una o di entrambe le tonsille cerebellari oltre il forame magno (in una discesa maggiore o uguale a 5 mm) o da una posizione intermedia delle tonsille (in un dislivello inferiore a 5 mm). A causa dell'impegno nel forame magno e della conseguente compressione delle strutture locali, la CMI può frequentemente dare siringomielia o, più raramente, idrocefalo. Non di rado, tuttavia, la CMI resta asintomatica e viene diagnosticata solo incidentalmente. L'esordio clinico, lento e progressivo, è per lo più nell'età giovane-adulta ed è a volte scatenato da eventi traumatici, come ad esempio un colpo di frusta. Di solito compare dolore in sede occipitale o cervicale posteriore, spesso esacerbato dalle manovre di ponzamento (defecazione). Nei bambini l'esordio può essere sotto forma di irritabilità, pianto e postura in opistotono (spasmo della muscolatura posteriore del tronco, che comporta iperestensione della colonna). Altri sintomi e segni che si possono presentare comprendono: atassia, tremori, disturbi oculari (dolore retro-orbitario, fotofobia, diplopia), disturbi oto-neurologici (nistagmo, vertigini, oscillopsia, alterazioni dell'equilibrio, tinnito, ipo o iperacusia), disfagia, apnee notturne, disartria, disturbi del ritmo cardiaco, cardiopalmo. Rare sono le sincopi (svenimenti). In presenza di siringomielia possono comparire deficit di forza e/o di sensibilità termico-dolorifica, di solito agli arti superiori.

La malformazione di Chiari tipo II (CMII o sindrome di Arnold-Chiari propriamente detta) è caratterizzata dall'erniazione nel canale spinale attraverso il forame magno del verme cerebellare, degli emisferi cerebellari, del ponte, del midollo allungato e del IV ventricolo ed è associata ad un caratteristico difetto del tubo neurale, il mielomeningocele (malformazione che coinvolge in varia misura il canale vertebrale, il midollo spinale, e le meningi) e a idrocefalo (aumento della pressione del liquido cefalorachidiano all'interno dei ventricoli cerebrali). Un terzo dei pazienti con CMII sviluppa segni clinici da compressione del tronco encefalico entro i primi 5 anni di vita e un terzo circa di questi pazienti non sopravvive. In alcuni pazienti possono osservarsi anche altre anomalie, come la poligiria (aumento delle circonvoluzioni cerebrali) o l'agenesia totale o parziale del corpo calloso, che è riscontrabile in circa un terzo dei pazienti, più della metà dei quali mostra un'intelligenza al di sotto della media. I segni nei bambini piccoli comprendono: stridore inspiratorio, apnea espiratoria prolungata con cianosi, disfagia neurogenica, difficoltà ad alimentarsi. Altri segni associati possono essere: ipotonia, opistotono, nistagmo (movimento oscillatorio involontario dei globi oculari), pianto flebile. I bambini più grandi possono mostrare debolezza agli arti superiori, spasticità, atassia e cefalea occipitale. Alle volte può svilupparsi anche una dilatazione localizzata del canale midollare, che da origine ad una condizione denominata siringomielia.

La malformazione di Chiari tipo III (CMIII), rarissima, è caratterizzata dalla presenza congenita di un mielocerebellomeningocele: l'intero cervelletto, cioè, è erniato all'esterno attraverso un difetto osseo del forame magno associato a idrocefalo. La prognosi della CMIII è per lo più infausta.

Cause

Le cause prime delle malformazioni di Chiari sono ancor oggi pressoché ignote. L'intervento di fattori genetici determinanti, almeno in una minoranza di casi, è suggerito dal riscontro di familiarità in una piccola percentuale di pazienti con CMI. La maggioranza di queste malformazioni, tuttavia, si presenta in forma sporadica, senza una causa individuabile e probabilmente secondo un meccanismo patogenetico diverso a seconda del tipo di malformazione: si pensa, infatti, che la CMI possa essere dovuta ad anomalie del neuroectoderma, mentre tutte le altre ad anomalie del mesoderma.

Consulenza genetica

La consulenza genetica è sempre indicata. Infatti, sebbene le malformazioni di Chiari si presentino per lo più in modo sporadico (non ereditario), rari casi familiari di CMI, a possibile trasmissione dominante o recessiva, sono stati descritti. Data l'efficacia dell'intervento chirurgico nei pazienti sintomatici, alcuni autori, proprio sulla base della possibile familiarità, consigliano l'esecuzione di un attento esame neurologico in tutti i parenti di primo grado degli affetti da CMI.

Popolazione affetta

La sindrome di Arnold-Chiari (CMII) è rara, ma la sua prevalenza non è nota con precisione. La CMI ha, secondo studi recenti, una prevalenza dello 0,1-0,5%. Entrambe mostrano una leggera predominanza nel sesso femminile. La CMIII e la CMIV sono rarissime.

Trattamento

La chirurgia è indicata nei pazienti sintomatici. Il paziente con sindrome di Arnold-Chiari andrebbe precocemente riconosciuto e prontamente sottoposto ad intervento di chiusura del mielomeningocele, di derivazione ventricolare per contrastare l'idrocefalo ed eventualmente di decompressione della fossa cranica posteriore. L'approccio alla CMI sintomatica è sostanzialmente chirurgico e prevede la decompressione del passaggio cranio-cervicale mediante craniectomia suboccipitale/laminectomia cervicale. In caso di idrocefalo si pone indicazione alla ventricolo-cisternotomia endoscopica o alla derivazione ventricolo-peritoneale. Nei casi asintomatici, invece, è indicato mantenere una condotta di attesa, pur con frequenti rivalutazioni cliniche, essendo stata descritta, in alcuni casi, la risalita spontanea delle tonsille cerebellari

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SINDROME DI ANTLEY-BIXLER

ANTLEY-BIXLER SYNDROME - etiology and laboatory test (sequencing and deletion/duplication testing)Clinica
La sindrome di Antley-Bixler è caratterizzata da craniosinostosi e facies tipica (ipoplasia medio-faciale, bozze frontali pronunciate, radice del naso depressa, stenosi delle coane, bocca piccola, orecchie a impianto basso, palato arcuato e idrocefalo). E' considerata l'estremo più grave dello spettro clinico comprendente tutti i deficit del citocromo P450 ed è infatti dovuta a mutazioni recessive nel gene di tale molecola (POR). All'estremo più lieve si trova il cosiddetto deficit di cortisolo, che può manifestarsi in modo molto variabile (alcuni pazienti sono asintomatici, mentre altri sviluppano un deficit molto grave). Come tutti i deficit del citocromo P450, la sindrome è caratterizzata da anomalie nella steroidogenesi che causano un deficit di cortisone e, in alcuni casi, si associa ad ambiguità genitale e altre malformazioni urogenitali. Nei deficit moderati l'alterazione dei tratti craniofaciali e scheletrici può essere assente o moderata.

Alcuni autori distinguono due tipi della sindrome: tipo 1 (dominante), causata da mutazioni nel gene FGFR2 e tipo 2 (recessiva) con ambiguità sessuale da mutazioni nel gene POR. Sembra tuttavia più corretto considerare il tipo 1 come un'entità clinica distinta, appartenente al gruppo delle craniosinostosi dominanti legate ai geni FGFR. Le anomalie scheletriche tipiche della sindrome i Antley-Bixler sono aracno e camptodattilia (deformità delle articolazioni interfalangee), sinostosi radio-omerale, incurvamento congenito delle ossa lunghe e fratture neonatali. Possono associarsi malformazioni cardiache, gastrointestinali, anali e vertebrali. Il quadro cognitivo è variabile, potendo andare dall'intelligenza normale al ritardo mentale moderato. Un tratto tipico è l'ostruzione delle vie aeree è tipica, che può essere dovuta all'atresia o alla stenosi delle coane, alla trachea stretta o all'accorciamento della laringe. L'ostruzione delle vie aeree è la principale causa di distress respiratorio, che è la complicanza più grave della sindrome di Antley-Bixler. La risoluzione dell'ostruzione delle vie aeree superiori, insieme a un intervento efficace sulla craniosinostosi e sull'idrocefalo è presupposto fondamentale per un buono sviluppo cognitivo, anche se comunque non si può garantire l'acquisizione di un livello di intelligenza normale.

La diagnosi differenziale della sindrome di Antley-Bixler comprende, fra le altre, la sindrome adrenogenitale e altri deficit enzimatici. Il più semplice deficit di cortisolo entra invece in diagnosi differenziale con la sindrome adrenogenitale. In tal caso la distinzione può essere fatta osservando il profilo steroideo nelle urine. È tuttavia interessante ricordare che il test di screening neonatale per la sindrome adrenogenitale pu`risultare poisitivo anche nel deficit di citocromo P450. 

Eziologia e test di laboratorio
La sindrome è dovuta a mutazioni nel gene POR (citocromo P450 ossidoreduttasi). La trasmissione è autosomica recessiva. Quello che alcuni autori consideravano essere il tipo 1 della sindrome è in realtà un'entità clinica distinta, appartenente al gruppo delle craniosinostosi autosomiche dominanti, ed è causata da mutazioni nel gene FGFR2. Nella maggior parte dei casi le mutazioni del gene POR possono essere identificate dal sequenziamento della regione codificante e dei confini esone/introne. Anche se in alcuni pazienti si riesce ad identificare una sola mutazione, sembra da escludersi che la sinfrome possa trasmettersi anche con  modalità autosomica dominante. In questi casi è più probabile che il paziente rechi una seconda mutazione, ad esempio una grossa delezione o duplicazione o una mutazione intronica non rilevabile con le tecniche diagnostiche standard.Grandi delezioni e duplicazioni all'interno del gene POR sono state descritte, perciò anche il test per delezioni/duplicazioni può essere indicato (per ulteriori informazioni sull'analisi di delezione/duplicazione si legga qui).

Trattamento
E' indicata la sorveglianza clinica attraverso visite periodiche multidisciplinari. Dal punto di vista prognostico (anche per quanto riguarda l'aspetto cognitivo) è fondamentale l'intervento precoce sull'ostruzione delle vie aeree e sulla craniosinostosi. La terapia sostitutiva con idrocortisone può essere necessaria. La somminstrazione di testosterone può essere utile nei casi con micropene, mentre su altre anomalie genitali si può intervenire chirurgicamente. La fisioterapia può ridurre le contrazioni articolari.

ANIRIDIA

L'aniridia (assenza dell'iride) é una malattia ereditaria caratterizzata dallo sviluppo incompleto (ipoplasia) o dalla totale assenza (aplasia) dell'iride, che si manifesta in associazione ad altre anomalie oculari. La sintomatologia, ad esordio nella prima infanzia, è dominata dalla riduzione dell'acuità visiva e dal nistagmo.

Descrizione

L'aniridia isolata è una malformazione congenita pan-oculare che coinvolge l'iride, ma anche la cornea, la pressione intraoculare, il cristallino, la fovea e il nervo ottico. Frequentemente associate all'aplasia-ipoplasia dell'iride si trovano, infatti, altre complicanze (spesso ad insorgenza tardiva) come la cataratta, il glaucoma (aumento della pressione intraoculare), l'opacificazione e la vascolarizzazione della cornea. Solitamente è presente anche ipoplasia della fovea, mentre l'ipoplasia del nervo ottico compare nel 10% dei casi circa. I pazienti che hanno subito numerosi interventi chirurgici sull'occhio possono sviluppare una "sindrome fibrosa aniridica", caratterizzata dalla formazione di una membrana fibrotica in regione retro-lenticolare o retro-corneale che prende origine dalla radice del rudimentale abbozzo dell'iride e che può dare problemi corneali o a livello delle lenti intraoculari. Alcuni pazienti affetti da aniridia isolata, inoltre, possono mostrare riduzione dell'olfatto, riduzione dell'udito, deficit cognitivi, problemi comportamentali e ritardo di sviluppo. Alla risonanza magnetica, infatti, possono a volte riscontrarsi anomalie anatomiche del sistema nervoso centrale. L'espressione clinica dell'aniridia può variare da famiglia a famiglia, ma tendenzialmente, nello stesso paziente, non vi sono grosse differenze fra un occhio e l'altro.
 
Esiste infine una forma di aniridia non isolata che va sotto il nome di sindrome WAGR (acronimo per Wilms tumour, Aniridia, Genito-urinary-anomaly e mental Retardation). In questa sindrome sono presenti anche il tumore di Wilms, anomalie del tratto genito-urinario (ipospadia, criptorchidismo, ambiguità genitale, restrizioni dell'uretra, anomalie degli ureteri e gonadoblastoma) e ritardo mentale di grado variabile cui possono essere associati anche dismorfismi faciali, emipertrofia, ritardo di crescita e obesità.

La maggior parte dei pazienti ha un genitore affetto, ma esistono anche casi de novo (pazienti che manifestano una malattia in conseguenza all'insorgenza di una nuova mutazione). Il gene responsabile, PAX6, si trova sul cromosoma 11 (regione 11p13). La sindrome WAGR è invece il risultato di una delezione de novo della regione 11p13, che comporta la perdita di PAX6 ed altri geni contigui, compreso il gene WT1. Delezioni della regione 11p13 sono state individuate anche nel 30% dei pazienti con aniridia senza storia familiare.
 
Consulenza genetica

E' indicata la consulenza genetica. La malattia si trasmette con modalità autosomica dominante: i soggetti affetti possono cioè trasmettere la malattia con una probabilità del 50% ad ogni gravidanza ed indipendentemente dal sesso del nascituro.

Popolazione affetta

L'incidenza dell'aniridia é valutata da 1:40.000 a 1:100.000. Non sono state riscontrate differenze fra i sessi o diversi gruppi etnici. La prevalenza della sindrome WAGR non è nota.

Trattamento
 
Il trattamento è solitamente finalizzato a migliorare la visione rimediando agli errori di rifrazione con lenti correttive. L'uso di lenti fotocromatiche o colorate è utile per ridurre la sensibilità alla luce. L'occlusione è utile nei casi di ambliopia (visione monoculare). Il glaucoma può essere controllato farmacologicamente o, se necessario, chirurgicamente. La rimozione della cataratta può migliorare la visione. Nella sindrome fibrosa aniridica si interviene chirurgicamente. Nei bambini con sindrome WAGR è raccomandata l'ecografia renale ogni tre mesi e la sorveglianza a vita della funzionalità renale.

ANGIOEDEMA EREDITARIO

angioedema ereditario: proteina C1 inibitore
Fig. 1: proteina C1 inibitore
L'angioedema ereditario (AEE, in inglese hereditary angioedema - HAE) è una malattia rara che rappresenta l'1% di tutti gli angioedemi. L'HAE è potenzialmente fatale ed è causato da deficit o disfunzione della proteina plasmatica C1 inibitore (causata da mutazione del gene SERPING1, precedentemente noto anche come C1NH vedi Fig. 1) o dal deficit funzionale del fattore XII della coagulazione (FXII, codificato dal gene F12). Clinicamente si minifesta con rigonfiamento edematoso variabilmente localizzato alle estremità o ad altre parti della superficie corporea, ai visceri addominali o alle alte vie respiratorie. 
Nota: il sinonimo angioedema "neurotico" ereditario non è più in uso poichè l'origine psicosomatica è stata totalmente esclusa dalla conferma delle cause genetiche.

Clinica

Contrariamente all'angioedema su base allergica, l'HAE non è mediato dal rilascio di istamina, ma dalla disfunzione o dal deficit della proteina C1 inibitore (C1-INH) o, in casi più rari, dall'alterazione del fattore XII della coagulazione. Il processo patogenetico indotto dalla mutazione genetica si caratterizza per la produzione di peptidi vasoattivi (fra cui la bradichinina) che inducono i capillari a rilasciare grosse quantità di liquidi nei tessuti circostanti, inducendo appunto la formazione di edema.

Il rigonfiamento dura in media tre giorni, è non violaceo, non pruriginoso, non accompagnato da orticaria e solitamente non è alleviato dagli antistaminici o dai corticosteroidi. La frequenza degli attacchi è molto variabile (da niente a un attacco o più alla settimana). Nella metà dei pazienti non trattati, la frequenza è superiore a un attacco al mese. La malattia mostra una prevalenza e una gravità maggiore nel sesso femminile, soprattutto quando causata da mutazione del gene F12. La sintomatologia delle pazienti affette da angioedema da deficit di FXII è infulenzata negativamente dall'esposizione agli estrogeni, sia pur in modo variabile da paziente a paziente.

Il 25% dei pazienti sviluppa un'eruzione cutanea eritematosa non pruriginosa, spesso in concomitanza della fase iniziale di un attacco. Il rigonfiamento edematoso compare tipicamente agli arti, ma può coinvolgere qualunque superficie esterna del corpo, genitali inclusi. Il rigonfiamento edematoso dell'intestino, che raramente compare negli altri tipi di angioedema, può dare un forte dolore addominale e, potendo mimare le caratteristiche sintomatologiche dell'addome acuto e potendosi presentare anche in assenza di edema delle superfici corporee esterne, può indurre errori diagnostici che possono portare anche all'intervento chirurgico. In caso di coinvolgimento intestinale può subentrare anche ipovolemia (riduzione del volume di liquido circolante) che può a sua volta evolvere in shock ipovolemico. L'edema laringeo è, invece, l'evento più pericoloso perché può provocare asfissia. Si stima che circa il 50% dei pazienti abbia avuto almeno una volta nella sua vita un edema laringeo e, per questo motivo, i pazienti vanno istruiti sulla necessità di cercare subito aiuto nel caso di un sospetto coinvolgimento edematoso delle vie aeree superiori. Sia nei maschi che nelle femmine gli attacchi si fanno più gravi in età puberale.

Alcuni fattori scatenanti degli attacchi sono stati individuati: ansia, stress, microtraumi, operazioni chirurgiche, infezioni, esercizi fisici di vario tipo. Nelle donne sembrano inoltre essere fattori scatenanti le mestruazioni, lo stato di gravidanza e l'uso di contraccettivi orali o di terapia ormonale sostitutiva. Risultano inoltre avere effetto scatenante i farmaci ACE inibitori che, infatti, non andrebbero prescritti nei pazienti con AEE.

Cause

Inizialmente si riteneva che tutti i casi di angioedema ereditario fossero dovuti al deficit di proteina C1 inibitore (vedi Fig. 1), dovuto a mutazione del gene SERPING1 (precedentemente noto anche come C1NH, C1I o C1INH), localizzato sul cromosoma 11. Alcuni pazienti mostravano livelli normali di attività plasmatica di C1-INH e nessuna mutazione in SERPING1. In alcuni di questi pazienti sono state identificate mutazioni nel gene F12, che codifica per il fattore XII della coagulazione, localizzato sul cromosoma 5. In una quota di pazienti con livelli di C-INH normali non è stato invece possibile identificare alcuna mutazione. L'attuale classificazione clinica dell'angioedema è la seguente (vedi OMIM 106100 e 610618).
  • HAE1 e HAE2, entrambe causate da mutazione nel gene SERPING1 (cromosoma 11). In HAE1 (che colpisce l'85% dei paienti) i livelli di C1-INH sono inferiori al 35% del normale, mentre in HAE2 i livelli di C1-INH sono normali o addirittura aumentati, ma la proteina ha perso ha la sua funzione. 
  • HAE3, causato da mutazione nel gene F12 (cromosoma 5).

Consulenza genetica 

La malattia si trasmette con modalità autosomica dominante: ogni affetto ha il 50% di probabilità, ad ogni gravidanza ed indipendentemente dal sesso del nascituro, di concepire un figlio affetto. Nel 25% dei casi la mutazione riscontrata è de novo, cioè non ereditata dal genitore, ma insorta per la prima volta in quel paziente. I pazienti con mutazione de novo possono comunque trasmettere la mutazione ai figli. La prevalenza della malattia è di 1 soggetto affetto ogni 50.000 persone.

Trattamento

Il trattamento d'elezione dell'attacco acuto consta nella somministrazione di un concentrato plasma-derivato di proteina C1 inibitore, grazie alla quale si assiste al miglioramento dei sintomi nel giro di 30-60 minuti. La somministrazione di plasma fresco congelato (che contiene C1-INH) si è dimostrata efficace tanto quanto la somministrazione del concentrato di C1-INH.

Nel luglio 2009 è stata autorizzata l'immissione in commercio in Italia di un nuovo farmaco per il trattamento dell'attacco acuto: l'icatibant acetato. Il farmaco, la cui azione è quella di bloccare i recettori della bradichinina, va somministrato tramite iniezione sottocutanea, preferibilmente nell'addome. Data l'elevata mortalità, il mantenimento della pervietà delle vie aeree (anche con l'intubazione, se necessario) rimane di primaria importanza in tutti i casi di coinvolgimento laringeo. La terapia di prevenzione a lungo termine, se necessaria, può basarsi sugli androgeni attenuati come il danazolo, somministrati fino ad un massimo di 600mg al giorno. L'effetto degli androgeni è, infatti, quello di stimolare la produzione epatica di C1-INH, ma presenta alcuni effetti collaterali che consistono nella virilizzazione, nell'aumento di peso e nell'alterazione della funzionalità epatica.

ANEMIA DISERITROPOIETICA CONGENITA

L'anemia diseritropoietica congenita ematologica è una malattia ereditaria distinta in tre forme diverse che si differenziano per clinica ed eziologia genetica. Tutti e 3 i tipi di anemia diseritropoietica congenita (ACD) sono caratterizzati da eritropoiesi inefficace (inefficace produzione di globuli rossi), anemia e presenza di eritroblasti (precursosi dei globuli rossi) multinucleati. Nei primi due tipi si ha anche emocromatosi (accumulo di ferro nei tessuti). Di seguito la descrizione più dettagliata di ciascun tipo.

TIPO 1
Molto raro, è caratterizzato da anemia macrocitica. Occasionalmente si trova in associazione ad anomalie ossee, specialmente delle mani e dei piedi (acrodisostosi), ipoplasia ungueale e scoliosi. La malattia può esordire nel periodo neonatale o nella prima infanzia, ma è stato descritto anche l'esordio in utero sotto forma di idrope fetale.

TIPO 2
È la più frequente ed è nota anche come HEMPAS (polinuclearità eritroblastica ereditaria con test positivo alla lisi in siero acidificato). Esordisce generalmente nelle prime due decadi di vita, tuttavia esistono forme lievi che possono rimanere silenti fino all'età adulta. Alcuni pazienti affetti, inoltre, non sviluppano anemia. Le manifestazioni cliniche includono: segni e sintomi secondari all'anemia (astenia e tachicardia) e segni dovuti all'emolisi (ittero ed epatosplenomegalia, ovvero aumento del volume di fegato e milza). Sono inoltre presenti disturbi dovuti alla deposizione del ferro rilasciato dai globuli rossi distrutti (emosiderosi), soprattutto a livello del fegato. L'esame dello striscio periferico di sangue mette in evidenza le alterazioni di forma (anisopoichilocitosi), la riduzione delle dimensioni (microcitemia) e la diminuzione del carico di emoglobina (ipocromia) dei globuli rossi, mentre dagli esami ematochimici emerge l'innalzamento della bilirubina indiretta, segno dell'eccessiva emolisi. Normalmente i globuli rossi vengono prodotti a livello del midollo osseo (il processo è denominato "eritropoiesi") e, alla fine del loro ciclo vitale, vengono distrutti (attraverso il processo denominato "emolisi") per essere rimpiazzati da cellule nuove che si formano a partire dai precursori denominati "eritroblasti". Nell'ACD l'eritropoiesi, che infatti viene definita "inefficace", non è in grado di controbilanciare l'emolisi. Gli eritroblasti mostrano infatti alterazioni specifiche, tali per cui una volta immessi nel torrente circolatorio, vengono distrutti prematuramente. Anche il bilancio del ferro (costituente principale dell'emoglobina) risulta alterato. Rilasciato dai globuli rossi emolizzati, il ferro non viene adeguatamente utilizzato e inizia a depositarsi in vari organi portando ad alterazioni funzionali. In circa il 10% dei casi si manifestano quindi disturbi caratteristici di emocromatosi, la cui complicanza più importante è rappresentata dalla cirrosi epatica. Nell'ACD è descritta, inoltre, una maggiore incidenza di calcoli alla cistifellea (colelitiasi). Come complicanze rare sono state descritte la crisi aplastica da infezione da parvovirus B19 (4 pazienti) e tumori paravertebrali costituiti da tessuto ematopoietico extramidollare (2 pazienti). In alcuni rari casi sono state descritti anche ritardo mentale e malformazioni congenite come difetto del setto ventricolare, emipertrofia, carenza di pigmentazione cutanea (piebaldismo) e atresia vaginale.

TIPO 3
È la forma pià rara ed è caratterizzata da anemia macrocitica, ittero e, a volte, splenomegalia. In alcuni membri affetti di una famiglia svedese sono stati descritti anche il mieloma e la gammopatia monoclonale.

Cause

Il tipo 1 ha un'ereditarietà autosomica recessiva ed è dovuto a mutazioni nel gene CDAN1 localizzato nella regione cromosomica 15q15.
Il tipo 2 ha ereditarietà autosomica recessiva ed è dovuto a mutazioni in un gene localizzato in regione 20q11.2
Il più raro tipo 3 ha un'ereditarietà sia autosomica dominante che recessiva ed è dovuto a mutazioni in un gene localizzato nella regione 15q21.

Consulenza genetica

Indicata. Nella trasmissione autosomica recessiva gli affetti nascono da genitori portatori sani con una probabilità del 25% ad ogni concepimento ed indipendentemente dal sesso del nascituro. Nella trasmissione autosomica dominante gli affetti vengono generati da un genitore affetto con una probabilità del 50% ad ogni concepimento ed indipendentemente dal sesso del nascituro.

La malattia affligge in uguale misura entrambi i sessi. Quasi tutti i pazienti segnalati nella letteratura medico-scientifica sono di origine caucasica. La regione più colpita è il sud Italia, ma sono stati descritti casi anche in Europa nord-occidentale, Nord Africa e India. Fino ad ora sono stati descritti circa 300 casi.

Solo se di grado severo, si procede al trattamento dell'anemia attraverso trasfusioni di sangue. Tale cautela nell'approccio terapeutico è dettata dalla necessità di evitare il sovraccarico di ferro nell'intento di prevenire l'emocromatosi. Per lo stesso motivo è quindi controindicata la somministrazione di farmaci antianemici a base di ferro. Solo in una ridottissima percentuale di casi l'asportazione chirurgica della milza (splenectomia) si è dimostrata in grado di migliorare l'anemia. Se presente emocromatosi, si può ottenere l'abbassamento delle concentrazioni plasmatiche di ferro attraverso il salasso o l'utilizzo di farmaci chelanti (sostanze che si legano al ferro favorendone l'eliminazione).

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DEFICIT DI ADENILSUCCINASI

Il deficit di adenilsuccinasi è una rarissima malattia geneticamente determinata afferente al gruppo dei disordini del metabolismo delle purine e delle pirimidine.
E' caratterizzata da ritardo psicomotorio, autismo, epilessia e ipotonia.
Descrizione
I sintomi della malattia sono di tipo neurolgico e includono: ritardo psicomotorio di grado severo (ma sono descritti anche casi con ritardo moderato), autismo, epilessia ed ipotonia. Sono state riportate anche anomalie cerebrali aspecifiche come microcefalia, ipoplasia del verme cerebellare, atrofia cerebrale, cambiamenti della sostanza bianca, perdita di mielinizzazione e lissencefalia.
La malattia è stata descritta per la prima volta nel 1984. Le descrizioni fino ad ora riportate suggeriscono che ci sia una varietà clinica della malattia e due presentazioni cliniche principali sono state identificate:

tipo 1: è la forma più severa ed è caratterizzata da ritardo psicomotorio ed epilessia
tipo 2: si presenta con ritardo psicomotorio e lievi sintomi autistici.
A causa del deficit dell'enzima adenilsuccinasi due prodotti della defosforilazione normalmente non rilevabili compaiono nelle urine, nel liquido cefalorachidiano e, in misura minore, nel plasma: si tratta della succiniladenosina (S-Ado) e del riboside carbossamide succinilaminoimidazolo (SAICAR).
Nessun paziente presenta la mancanza totale dell'enzima: la perdita completa dell'attività di questo enzima nell'uomo è probabilmente incompatibile con la vita.
Non è ancora chiaro se i sintomi siano dovuti a un deficit di purine, alla tossicità di prodotti derivati dal loro metabolismo o al danno di qualche altra via o sistema.

Cause
La malattia è geneticamente determinata: il gene responsabile, ADSL, è localizzato sul cromosoma 22 (regione 22q13.1-13.2). Ad oggi sono state descritte 38 mutazioni-malattia: la maggior parte dei pazienti risulta essere eterozigote composto per due di queste mutazioni.
Consulenza genetica
E' indicata. La malattia si trasmette con modalità autosomica recessiva: gli affetti nascono, cioè, da genitori portatori sani con una probabilità del 25% ad ogni gravidanza ed indipendentemente dal sesso del nascituro. Per le coppie che abbiano già avuto un figlio affetto, nel quale siano già state identificate le mutazioni, è possibile eseguire la diagnosi genetica prenatale.
Popolazione affetta
Non si hanno dati sulla prevalenza, ma si stima che la malattia sia rarissima. 

SINDROME DI AARSKOG

La clinica della sindrome è principalmente delineata da bassa statura (con un altezza finale di solito intorno ai 160cm), volto rotondeggiante, ipertelorismo (aumentata distanza interoculare), brachidattilia (dita corte), micropene e scroto a scialle (dovuto a una trasposizione penoscrotale per la quale lo scroto si trova spostato verso l'alto). In quanto X-linked, la sindrome si manifesta nella sua forma tipica solo nei maschi, mentre le femmine possono essere o portatrici sane o presentare solo segni sfumati della sindrome, soprattutto in viso e sulle mani, anche se recentemente è stato descritto un caso di anomalie genitali anche nella femmina (adesioni delle piccole labbra e malposizione del clitoride). Non infrequentemente sono inoltre descritti difetti dentali, pectus excavatum, iperlassità articolare, sindattilia cutanea (fusione di più dita attraverso lembi cutanei), ritardo della maturazione ossea e ernia inguinale. In alcuni casi la diagnosi può essere ostacolata o ritardata dalla presenza di altri segni clinici meno frequenti che rendono più confuso l'inquadramento clinico del paziente.
Il ritardo mentale non è una caratteristica costante della sindrome, anche se è descritto nel 30% dei casi circa ed è di solito in forma lieve. Vengono a volte riportati anche disturbi del comportamentali e difficoltà di apprendimento in parte riconducili allo spettro clinico del deficit di attenzione e iperattività.
La sindrome di Opitz con ipertelorismo e ipospadia presenta tratti simili alla sindrome di Aarskog, ma si può trasmettere oltre che con modalità X-linked, anche con modalità autosomica dominante
Cause
La sindrome è caratterizzata da eterogeneità genetica (può cioè essere dovuta a mutazioni in geni diversi), ma la maggior parte dei casi è prodotta da mutazioni-malattia del gene FDG1 localizzato sul cromosoma X (Xp11.21). Le mutazioni nel gene FDG1 possono essere diverse da soggetto a soggetto (eterogeneità allelica), ma sembra comunque impossibile tracciare una correlazione genotipo-fenotipo (non è cioè possibile predire la gravità della sindrome sulla base della mutazione presente nel soggetto). In una tribù beduina del Kuwait sono stati invece identificati casi a trasmissione autosomica recessiva. Di interpretazione e diagnosi dubbia sembra invece essere il caso di una famiglia con apparente trasmissione da maschio a maschio descritta nel 1974. 
Consulenza genetica
La consulenza genetica sarà improntata alla descrizione delle probabilità di ricorrenza generate dalla trasmissione X-linked: la prole di ogni madre portatrice della mutazione sarà, nel caso di figlie femmine, sana o solo lievemente affetta, mentre nel caso di figli maschi sarà affetta con una probabilità del 50% ad ogni gravidanza.
Popolazione affetta
Non sono noti dati sulla prevalenza della sindrome, che è comunque rara.
Trattamento
Il trattamento del paziente sindromico è solitamente multidisciplinare e sintomatico. È riportato in letteratura il trattamento sperimentale con ormone della crescita con effetto positivo. 

venerdì 30 agosto 2013

SINDROME DI BARDET-BIEDL



La sindrome di Bardet-Biedl è una malattia rara caratterizzata da associazione di polidattilia (presenza di dita sovrannumerarie a livello delle mani e dei piedi), ritardo di sviluppo psico-motorio, retinite pigmentosa, obesità, ipogonadismo, ipogenitalismo e displasia renale. La sua prima descrizione risale al 1920 ed è il merito di un medico francese, dott. George Bardet; successivamente, altri importanti contributi sono stati apportati nel 1924 da un endocrinologo e patologo austriaco, il dott. Arthur Biedl. Le diverse manifestazioni della sindrome esordiscono in momenti diversi durante la vita. Il 66% circa dei pazienti presenta polidattilia post-assiale congenita (che interessa il lato esterno dell'arto); può essere accompagnata inoltre da brachidattilia (dita grosse e corte) più frequentemente a carico delle dita dei piedi e sindattilia (fusione di uno o più dita), meno frequentemente riscontrata. L'obesità (presente in circa il 75% dei casi) interessa prevalentemente il tronco e generalmente non si manifesta prima dei due anni di vita. Lo sviluppo motorio del bambino (mantenimento della postura, deambulazione) è co munemente ritardato rispetto alla norma. Sono presenti inoltre vari gradi di ritardo mentale (correlato anche al deficit visivo) e ritardo nell'acquisizione del linguaggio. I problemi visivi legati alla retinite pigmentosa (svelati da difficoltà ad orientarsi quando c'é poca luce – emeralopia - e da sensazione di offuscamento visivo) sono presenti in circa il 90% dei casi e sono tendenzialmente progressivi. Con la pubertà si manifesta l'ipogonadismo (più evidente nei maschi), quale espressione dell'insufficiente sviluppo delle ghiandole sessuali. Possono essere presenti inoltre altre alterazioni endocrinologiche quali il diabete mellito non insulino-dipendente. Al ritardo cognitivo si possono associare problemi psichiatrici, quali disturbi dell'umore e depressione; alcuni bambini mostrano un comportamento autistico. L'interessamento renale, piuttosto eterogeneo, può comprendere: rene a lobulazione fetale (aspetto normalmente presente durante la vita intrauterina) conseguente ad insufficiente maturazione e sviluppo del rene (non sempre accompagnato da alterazioni funzionali); rene policistico; insensibilità delle strutture renali all'azione di ormone antidiuretico (condizione conosciuta come diabete insipido nefrogenico) con polidipsia (aumentato introito di liquidi) e poliuria (eliminazione di eccessive quantità di urina); reflusso vescico-ureterale e infezioni urinarie ricorrenti con insufficienza renale cronica. Possono osservarsi cardiopatie congenite, ipertrofia cardiaca o malformazioni del tratto uro-genitale e patologia renale, spesso ad andamento progressivo

La diagnosi è clinica, basata sull'associazione delle caratteristiche appena descritte. In particolare il sospetto viene posto quando sono presenti almeno quattro caratteristiche diagnostiche maggiori e tre minori. Tra le caratteristiche diagnostiche maggiori si annoverano: distrofia retinica, polidattilia, obesità troncale, difficoltà di apprendimento, ipogonadismo, anomalie dei genitali e anomalie renali. Tra le minori sono state individuate: anomalie del linguaggio; astigmatismo o strabismo; brachidattilia o sindattilia; ritardo dello sviluppo; diabete insipido nefrogenico; anomalie della coordinazione motoria; diabete mellito; anomalie dentarie; anomalie cardiovascolari; coinvolgimento epatico. La sindrome è caratterizzata da eterogeneità genetica: geni diversi possono cioè essere causa della sindrome. Alcuni laboratori offrono attualmente larghi pannelli che includono tutti i geni le cui mutazioni sono state fino ad ora descritte come causative della sindrome: ARL6, BBS1, BBS2, BBS4, BBS5, BBS7, BBS9, BBS10, BBS12, CEP290, CCDC28B, LZTFL1, MKKS, MKS1, SDCCAG8, TRIM32, TTC8, WDPCP (C2ORF86). La mutazione p.M390R nel gene BBS1 che si può riscontrare nel 18-35% dei pazienti e la mutazione p.C91LfsX4 nel gene BBS10 è presente nel 10% dei pazienti.

Nelle popolazioni non consanguinee dell'America e del nord Europa è descritta una prevalenza che va da 1:100.000 a 1:160.000, mentre nelle popolazioni arabe (beduini del Kuwait), dove il tasso di consanguineità è elevato, è stata riportata una prevalenza di 1:13.500.

Attualmente non sono disponibili misure specifiche di trattamento. Le misure normalmente impiegate sono sintomatiche o di supporto e richiedono un approccio multidisciplinare.
La chirurgia plastica ricostruttiva é indicata per la polidattilia, in particolare della mano soprattutto in previsione dell'insegnamento di tecniche che possono ovviare la perdita della vista (alfabeto Braille, uso tastiera). E' utile affrontare precocemente l'obesità (attraverso programmi di dieta, esercizio fisico, supporto psicologico). Nei pazienti maschi l'ipogonadismo richiede la terapia sostitutiva con preparati ormonali (testosterone). In presenza di reflusso vescico-ureterale condizionante ricorrenti infezioni urinarie è utile la somministrazione profilattica di antibiotici. Nei casi con grave compromissione della funzionalità renale si può valutare l'opportunità di sottoporre il paziente a trapianto renale.

SINDROME DI BECKWITH-WIEDEMANN

sindrome di beckwith-wiedemann: rendering della proteina IGF2
La sindrome di Beckwith-Wiedemann è una sindrome malformativa congenita dovuta a mutazioni in regioni cromosomiche soggette a imprinting.

Clinica

Si tratta di una sindrome da iperaccrescimento caratterizzata da macrosomia (aumentate dimensioni del corpo), macroglossia (aumentate dimensioni della lingua), organomegalia (aumentate dimensioni degli organi interni) e da erniazione dei visceri attraverso la parete addominale (onfalocele). I soggetti affetti hanno una maggiore predisposizione allo sviluppo di tumori di origine embrionale come il tumore di Wilms, il nefroblastoma, il neuroblastoma e il rabdomiosarcoma e allo sviluppo di tumori benigni e maligni in generale. Il quadro clinico può essere molto variabile. La sintomatologia in alcuni pazienti può essere anche molto sfumata. Il 50% dei casi è associato a polidramnios in gravidanza, nascita prematura e macrosomia fetale. Poichè l'ipoglicemia neonatale è frequente, la glicemia va monitorata costantemente. Frequenti sono anche anomalie dei padiglioni auricolari (pieghe o piccoli fori a fondo cieco, detti anche ear pits), citomegalia adrenocorticale e anomalie renali (displasia midollare, nefrocalcinosi, rene a spugna, nefromegalia). A volte i pazienti mostrano emipertrofia (aumento di una metà del corpo rispetto all'altra). I neonati affetti hanno un tasso di mortalità del 20%, principalmente legato alle complicanze della prematurità. Macrosomia e macroglossia compaiono di solito alla nascita, ma possono manifestarsi anche più in là. Il tasso di crescita scende intorno ai sette-otto anni d'età.

Lo sviluppo psicomotorio, tranne nei casi dovuti ad anomalie cromosomiche o nei casi con anamnesi di ipossia fetale o ipoglicemia neonatale non trattata, è solitamente normale. Infrequente è l'insorgenza di complicanze dopo l'infanzia e la prognosi nell'età adulta è pertanto favorevole.

Correlazioni genotipo-fenotipo

Le correlazioni genotipo-fenotipo fin qui descritte sono le seguenti:
  • le mutazioni di CDKN1C sono associate a familiarità, onfalocele e/o labiopalatoschisi
  • la disomia uniparentale paterna (entrambe le regioni 11p15 risultano di origine paterna) è associata a emipertrofia e tumore di Wilms
  • la perdita di metilazione dell'imprinting center 2 (IC2) è più frequente nei gemelli monozigoti ed è associata a tumori embrionali diversi dal tumore di Wilms
  • l'ipermetilazione dell'imprinting center 1 (IC1) è associata al tumore di Wilms.

Genetica

In ogni individuo la maggior parte dei geni è espressa sia nella copia di origine materna che in quella di origine paterna. Alcuni geni, tuttavia, vengono espressi o silenziati in base all'origine parentale, secondo il cosiddetto fenomeno dell'imprinting. Questo fenomeno è regolato da regioni genomiche denominate centri dell'imprinting (o imprinting centers - IC), che possono esprimere differenti stati di metilazione.

Nella regione cromosomica 11p15.5 sono stati individuati due IC (IC1 e IC2), la cui alterazione è cruciale nella genesi della sindrome di Beckwith-Wiedemann. La genetica della sindrome di Beckwith-Wiedemann è, fra tutte, una delle più complesse e variegate. Svariate sono infatti le mutazioni che possono alterare la funzionalità degli IC: duplicazioni/traslocazioni/inversioni o microdelezioni cromosomiche, cambiamenti dello stato di metilazione, mutazioni nel gene CDKN1C e disomia uniparentale (uniparental disomy, UPD: presenza di una coppia di cromosomi omologhi, o di una parte di cromosomi omologhi, ereditata da un solo genitore e non da entrambi). Alcune di queste alterazioni genetiche sono ereditarie (e pertanto trasmissibili anche ad un secondo figlio), mentre altre compaiono solo in forma sporadica, conferendo un rischio di ricorrenza ridotto.

I test di laboratorio più utilizzati nella diagnosi della sindrome sono MS-MLPA, cariotipo, FISH, CGH array e sequenziamento. Qui sotto, i tipi di mutazioni e i test utilizzati più in dettaglio:

> Alterazioni dello stato di metilazione

Nel 50% dei pazienti si ha una perdita di metilazione di IC2 che porta alla riduzione di espressione del gene CDKN1C. In un 5% dei pazienti, invece, si ha un'aggiunta di metilazione in IC1 che porta alla sovraespressione del gene IGF2 e a una ridotta epsressione del gene H19. IGF2 è normalmente espresso solo nel suo allele paterno, ma in seguito all'aggiunta di metilazione viene espresso anche nel suo allele materno. IGF2 codifica per il cosiddetto Insulin Growth Factor 2, una molecola che favorisce la crescita (vedi figura 1). H19, invece, codifica per una proteina che inbisce la crescita. Ben si capisce, dunque, come la disregolazione dell'espressione di questi due geni possa portare ad una sindrome da iperaccrescimento. Queste anomalie di metilazione possono essere sporadiche o dovute a mutazioni genomiche e, in quanto tali, ereditarie. Nella diagnosi di routine non è possibile distinguere fra alterazioni dell'IC1 e dell'IC2, ma è comuqnue possibile identificare lo stato di alterazione del pattern di metilazione. Il test più utilizzato è l'MS-MLPA (Methylation Specific - MLPA).

Sindrome di Beckwith-Wiedemann: l'alterazione dell'imprinting center 2 porta alla sovraespressione di IGF2
Fig. 1: rendering della struttura della proteina Insulin Growth Factor 2, fattore di stimolazione della crescita codificato dal gene IGF2. Nella sindrome di Beckwith-Wiedemann il gene IGF2 si trova sovraepresso a causa di un'alterazione del pattern di metilazione dell'imprinting center 1 (IC1).

> UPD segmentale

Nel 20% dei casi, i pazienti mostrano una UPD segmentale della parte di cromosoma 11 che contiente la regione critica per la sindrome (11p15.5). L'UPD segmentale è un evento tipicamente post-zigotico e i pazienti mostrano perciò questa particolare alterazione cromosomica non in tutte le loro cellule, ma solo in alcune (mosaicismo). Tramite la diagnostica di routine non è possibile identificare l'origine parentale dei cromosomi e quindi l'UPD, ma è comunque possibile diagnosticare l'alterazione del pattern di metilazione che ne consegue attraverso l'MS-MLPA.

> Duplicazioni/ traslocazioni/inversioni

Nell'1% dei casi è presente una traslocazione o un'inversione trasmessa dalla madre, mentre le duplicazioni di origine paterna sono presenti in un altro 1% dei pazienti. Si tratta di riarrangiamenti cromosomici che coinvolgono la regione 11p15.5 e che spesso interrompono la sequenza del gene CDKN1C. Questo tipo di mutazioni può essere identificato con il cariotipo, la FISH o la CGH array.

> Mutazioni del gene CDKN1C

Si osservano mutazioni di questo gene nel 40% circa dei casi familiari e nel 5% dei casi sporadici. Queste mutazioni sono identificabile tramite il sequenziamento del gene CDKN1C.

> Microdelezioni

In alcuni casi è possibile la perdita di IC1 o IC2 a seguito di microdelezioni cromsomiche, per le quali è stata dimostrata la possibilità di trasmissione da parte dei genitori. Questo tipo di mutazioni può essere identificato tramite FISH, CGH array o, più semplicemente, tramite MLPA o MS-MLPA.

Epidemiologia

L'incidenza della sindrome di Beckwith-Wiedemann è attualmente stimata in 1 su 13.700 nati vivi. Maschi e femmine sono colpiti in ugual proporzione.

Trattamento e consulenza genetica

Nei pazienti con macroglossia, la lingua si ingrandisce lentamente mentre la mandibola accelera la crescita per contenerla. In alcuni casi, tuttavia, tipicamente fra il secondo e il quarto anno di vita, può essere indicata la riduzione chirurgica delle dimensioni della lingua. Per evitare danni al sistema nervoso centrale è indispensabile il monitoraggio dell'ipoglicemia. A tale proposito va segnalato che l'ipoglicemia compare spesso entro la prima settimana di vita, ma occasionalmente il primo episodio può essere ritardato anche di molti mesi e i genitori andrebbero quindi istruiti sulle caratteristiche dei sintomi in modo che possano riconoscere precocemente la crisi e cercare subito l'aiuto del medico. Le neoplasie vengono trattate secondo i protocolli standard dell'oncologia pediatrica. L'eziologia della sindrome è estremamente variegata, pertanto la consulenza genetica non è facile. Potrebbe non ritenersi indicato verificare lo stato dei genitori nei casi dovuti a UPD segmentale che, in quanto evento post-zigotico e pertanto sporadico, non dovrebbe associarsi a un aumento del rischio di ricorrenza in gravidanze successive. Lo stesso dicasi per le alterazioni di metilazione in IC2, anche queste frequentemente sporadiche.

Andrebbero sempre testate le coppie di genitori con evidenza di familiarità o che abbiano un figlio affetto da possibile mutazione ereditaria: traslocazioni della regione 11p15.5 o mutazioni nel gene CDKN1C, entrambe a trasmissione materna e con un rischio di ricorrenza pari al 50%), duplicazioni della regione 11p15.5 di origine paterna (rischio di ricorrenza difficilmente quantificabile, tendenzialmente più elevato se il padre è portatore di una traslocazione) e microdelezioni. Le mutazioni di origine paterna del gene CDKN1C sono virtualmente associate a un rischio basso, ma un caso di trasmissione è già stato descritto. Anche le microdelezioni di IC1 o IC2 possono essere trasmesse e l'indagine dei genitori è perciò indicata anche in questo caso. Comunque, in tutti i casi in cui non sia identificabile la mutazione nel genitore, va sempre considerata l'ipotesi del mosaicismo germinale (cioè che la mutazione sia presente solo in alcune delle cellule uovo della madre o in alcuni degli spermatozoi del padre). La possibilità di mosaicismo germinale dà un rischio di ricorrenza aumentato nelle gravidanze successive. Di regola, quindi, per le coppie che già abbiano avuto un figlio affetto o che mostrino familiarità per la sindrome è sempre indicata l'esecuzione della diagnosi prenatale precoce, da attuarsi tramite analisi genetica e stretta sorveglianza ecografica. Anche il dosaggio dell'alfa-feto-proteina nel siero materno è utile, poichè in presenza di onfalocele può trovarsi elevata già intorno alla 16a settimana di gestazione.