giovedì 19 settembre 2013

CHE COS'È L'ANALISI IN SILICO?

Nuove mutazioni missenso e mutazioni introniche possono richiedere l’analisi in silico. 

Tramite l'analisi di un gene (tipicamente tramite il sequenziamento diretto) si possono individuare varianti di significato di diverso. Di solito si procede al sequenziamento di un gene (o dell'intero esoma o addirittura dell'intero genoma) quando si voglia identificare la mutazione responsabile della malattia di un paziente. Alle volte si ottiene un risultato molto chiaro, allorquando cioè si identifica una mutazione dal preciso significato patogeno (è il caso tipico di mutazioni già descritte in letteratura o di mutazioni che, per le loro caratteristiche biologiche, hanno quasi sicuramente un effetto deleterio sulla proteina). Spesso, tuttavia, vengono identificate delle mutazioni (dette anche varianti) di significato incerto (in inglese VUS: variant of uncertain significance). Si tratta per lo più di mutazioni che, anziché abolire la produzione proteica, ne cambiano la composizione introducendo un cambiamento aminoacidico (mutazioni missenso). Altre volte si tratta invece di mutazioni localizzate in zone non codificanti del gene (introni), le quali potrebbero avere un effetto sulla regolazione della trascrizione genica e quindi sul prodotto proteico finale (mutazioni di splicing). Quando si rilevano varianti di questo tipo, l'interpretazione del risultato diventa più complessa. Per cercare di capire se queste varianti siano patogene o meno si può ricorrere alla cosiddetta analisi in silico, ossia all'analisi tramite l'utilizzo di programmi computerizzati (software). I software più comunemente utilizzati per l'analisi in silico delle mutazioni missenso sono Poly-Phen-2, SIFT, Mutation Taster e Align-GVGD. Poly-Phen-2 e Mutation Taster sono forse i più usati, poichè mostrano elevati livelli di sensibilità e specificità (questi software sembrano cioè predire il vero effetto della mutazione con un buon livello di approssimazione). Per l'analisi in silico delle mutazioni introniche, per le qualsi si sospetta in primis un impatto aberrante sul processo di splicing, si possono invece utilizzare NetGene2, MaxEntScan, SpliceSiteFinder e altri. Uno degli strumenti più efficaci per l'analisi delle mutazioni introniche è sicuramente la cosiddetta splicing window del programma Alamut (Interactive Biosoftware, a pagamento), che consente di visualizzare visivamente e contemporaneamente i risultati di cinque software diversi, inclusi MaxEntScan e SpliceSiteFinder.

Quanto è affidabile il risultato di un'analisi in silico?

ANALISI IN SILICO - IN SILICO ANALYSIS
Come detto sopra, alcuni software presentano elevati livelli di sensibilità e specificità, riuscendo a predire il reale significato clinico di una mutazione in una buona percentuale di casi. In particolare Poly-Phen-2, Mutation Taster e la splicing window di Alamut presentano valori di sensibilità e specificità piuttosto elevati. Tuttavia il risultato di un'analisi in silico va sempre considerato per quello che effettivamente è, e cioè niente di più che una predizione. In altri termini, non sempre i software ci azzeccano. In definitiva, quindi, l'analisi in silico non può essere considerata una discriminante fondamentale nell'interpretazione finale di un test genetico: non ci si può cioè basare esclusivamente sul risultato dell'analisi in silico per dire se una mutazione sia patogena o meno. Invero, non sono rari i casi in cui una mutazione predetta come variante benigna dai software risulta poi essere chiaramente patogena sulla base di studi familiari e/o funzionali. Si prendano in considerazione, ad esempio, le mutazioni dei geni del collagene. Tipicamente le mutazioni patogene del collagene portano alla sostituzione di un residuo di glicina con un altro aminoacido. L'analisi in silico di queste mutazioni da spesso un risultato di non patogenicità, in piena contraddizione con l'evidenza in vivo. Altri esempi riguardano certe mutazioni introniche, per le quali i software non indicano alcun effetto aberrante sullo splicing, in totale contrasto con l'evidenza clinica e gli studi funzionali di espressione.

Perché fare l'analisi in silico?

La domanda sorge spontanea: se il risultato di un analisi in silico non può considerarsi un criterio interpretativo maggiore, perché mai farla? Va detto che in non pochi casi, al di là dell'analisi in silico, esistono ben pochi altri strumenti per la valutazione dell’effetto reale di una VUS. In linea generale, l'approccio più immediato nello studio di una variante genetica di significato incerto è lo studio familiare. Si procede cioè al test del portatore nei vari membri della famiglia (di solito genitori e fratelli) per capire se la variante segrega insieme al fenotipo patologico o meno. In realtà, però, va detto che lo studio familiare è utile più come mezzo per escludere che per confermare la patogenicità di una variante. In altri termini, è più facile confermare che una variante è benigna perché viene individuata nei soggetti non affetti della famiglia piuttosto che confermare che è patogena (in effetti, la segregazione di una variante con un fenotipo patologico può anche essere dovuta semplicemente al caso). L’analisi in silico può essere allora presa in considerazione come strumento di sostegno nell'interpretazione finale del risultato dell'analisi familiare. Anche in tal caso, tuttavia, l’analisi in silico non va considerata la discriminante finale.

In linea di massima, sembra più prudente rifarsi al risultato dell’analisi in silico ogni qual volta si sospetti che la mutazione sia patogena piuttosto che benigna. In altri termini, se può apparire sensato insistere sul risultato in silico per sostenere la patogenicità di una variante, appare quantomeno azzardato classificare una VUS come benigna semplicemente sulla base dell’analisi in silico. In ogni caso, va ricordato ancora una volta che il risultato dell’analisi in silico non va considerato un elemento determinante nell’interpretazione conclusiva del significato di una mutazione genetica. Questa asserzione assume un’importanza ancora maggiore durante la gravidanza. In caso di diagnosi prenatale, infatti, non ci si può assolutamente basare sui risultati di un’analisi in silico per la predizione dello stato del feto in rispetto ad una determinata malattia (cioè per dire se il nascituro sarà affetto o non affetto).

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