martedì 29 ottobre 2013

EXOME E GENOME ARRAY

NB: per la lezione sull'exome sequencing o sul genome sequencing clicca sui relativi link. Qui sotto leggerai invece a proposito dell'exome e del genome array.

Con l’avvento delle nuove tecniche di sequenziamento e il proliferare di una moltitudine di tecniche

sabato 26 ottobre 2013

ENRICHMENT NELLA NGS: LO STEP AGGIUNTIVO NECESSARIO

Come si prepara un campione per il sequenziamento NGS di un singolo gene, di un gruppo di geni (pannello) o dell'intero esoma?

Nella lezione Applicazioni della Next Generation Sequencing abbiamo visto che questa metodica può avere diversi impieghi, che, in genetica clinica, includono sostanzialmente (1) lo Whole-Genome Sequencing - WGS, (2) lo Whole-Exome Sequencing - WES e (3) il Targeted Sequencing (analisi di singolo gene o di un gruppo di geni). Le applicazioni (2) e (3) richiedono uno step addizionale prima della reazione di sequenziamento. Questo step è noto come Target Enrichment o più semplicemente Enrichment.

TARGETED SEQUENCING: ANALISI DI SINGOLO GENE O DI GRUPPO DI GENI (PANNELLO)

Quando analizzare un singolo gene e quando preferire l'analisi di un gruppo di geni in parallelo (pannello)?

La domanda ha senso sì e no, poiché il problema spesso non si pone nemmeno (se non per ragioni di tipo economico che, con l'avvento della Next Generation Sequencing - NGS, sono comunque sempre meno rilevanti). La scelta fra l'analisi di un singolo gene o di un pannello di geni dipende (1) dal sospetto clinico e (2) dalla genetica della malattia sospettata.

venerdì 25 ottobre 2013

ATROFIA MUSCOLARE SPINALE (SMA): TEST DEL PORTATORE (RISPOSTA)

Questa è la risposta al quiz:


Se prima vuoi leggere la domanda, clicca qui.

Per la risposta, leggi qui sotto.

RISPOSTA

La risposta giusta è la numero 3: il risultato non consente di confermare, ma nemmeno di escludere, lo stato di portatore sano nei genitori, poiché (a) non è possibile definire la fase (cis o trans) delle copie di SMN1 rilevate e (b) non è possibile escludere mutazioni puntiformi tramite l'MLPA.

Un individuo sano può essere portatore di un numero di copie del gene SMN1 variabile da uno a due o più. In effetti il gene SMN1 è qualche volta triplicato o addirittura quadruplicato. Il punto è che le copie di SMN1 possono essere distribuite o su entrambi i cromosomi o su uno soltanto. Nel caso in cui tutte le copie siano localizzate su un solo cromosoma, il soggetto è, indipendentemente dal numero di copie, portatore sano. Nel caso preso in esame, sia il padre che la madre potrebbero avere le copie di SMN1 su un solo cromosoma. In tal caso sarebbero entrambi portatori sani. In alternativa, uno dei due genitori potrebbe avere un cromosoma "vuoto", mentre l'altro genitore potrebbe essere portatore di una mutazione puntiforme non rilevabile all'MLPA. Anche in questo caso sarebbero entrambi portatori sani di SMA. L'ipotesi che entrambi i genitori siano portatori di una mutazione puntiforme è assai remota, benché virtualmente possibile. Pazienti SMA con due mutazioni puntiformi e nessuna delezione sembrano siano stati diagnosticati occasionalmente, ma nessuna pubblicazione ufficiale è stata fatta fino ad ora. Dunque, la possibilità che un paziente SMA sia omozigote o eterozigote composto per due mutazioni puntiformi del gene SMN1 è davvero remota. È importante ricordare che non esiste ad oggi la possibilità di determinare la fase delle copie di SMN1, cioè di capire se siano localizzate su uno solo o su entrambi i cromosomi. L'MLPA può infatti quantificare la dose del gene, ma non può dire dove le copie del gene siano localizzate.

ATROFIA MUSCOLARE SPINALE (SMA): TEST DEL PORTATORE

Una giovane coppia viene inviata alla consulenza genetica in seguito al decesso del primo figlio, per il quale è stata fatta una diagnosi clinica di atrofia muscolare spinale (spinal muscular atrophy - SMA). Sfortunatemente il DNA del figlio deceduto non è disponibile per il test genetico. Sulla base del forte sospetto clinico della malattia, il medico inviante richiede l'esecuzione del test del portatore nei due genitori. Come è noto, il test delezione-duplicazione tramite MLPA rappresenta l'approccio d'elezione. All'MLPA i genitori risultano come segue:

- padre: triplicazione del gene SMN1

- madre: no delezioni o duplicazioni del gene SMN1

Sulla base di questo risultato, quale delle seguenti possibilità vi sembra la più verosimile?

1. I genitori non sono portatori di delezione del gene SMN1, ma potrebbero comunque essere entrambi portatori sani di una mutazione puntiforme non rilevabile dall'MLPA.

2. I genitori non sono portatori sani di delezione del gene SMN1 e la diagnosi di SMA nel figlio non può quindi essere confermata. A questo punto, sarebbe bene considerare la diagnosi differenziale della SMA.

3. Il risultato non consente di confermare, ma nemmeno di escludere, lo stato di portatore sano nei genitori, poiché (a) non è possibile definire la fase (cis o trans) delle copie di SMN1 rilevate e (b) non è possibile escludere mutazioni puntiformi tramite l'MLPA.

Per la RISPOSTA leggi qui.

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martedì 15 ottobre 2013

COREA DI HUNTINGTON: QUANDO È POSSIBILE DIAGNOSTICARE UNA VERA OMOZIGOSI?

Nell'analizzare un campione inviatovi per il test della corea di Huntington, identificate all'esame fragment length (ossia all'elettroforesi capillare del prodotto della semplice PCR) un unico picco. Secondo le vostre tabelle, tale picco corrisponde ad un allele di 10 ripetizioni, rientrante quindi nell'intervallo di non-patogenicità. Sulla base di questo risultato, è possibile definire il paziente come non affetto da Corea di Huntington?

VAI ALLA RISPOSTA


COREA DI HUNTINGTON: QUANDO È POSSIBILE DIAGNOSTICARE UNA VERA OMOZIGOSI? (RISPOSTA)

Questa è la risposta al quiz:

COREA DI HUNTINGTON: QUANDO SI PUÒ DIAGNOSTICARE UNA VERA OMOZIGOSI?

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RISPOSTA

Il rilevamento di un unico picco all'esame fragment length (PCR) del gene HTT non è sufficiente per definire un probando come omozigote per quell'allele. La risposta corretta è quindi no, non è possibile dire con certezza se il paziente sia davvero omozigote per un allele da 10 ripetizioni e quindi non affetto da corea di Huntington. In effetti andrebbe eseguito un test per verificare che il probando non sia in realtà eterozigote composto per un allele da 10 triplette e un allele estremamente espanso, cioè con un numero di triplette talmente elevato da non poter essere rilevato dalla PCR (di solito con la semplice PCR si riescono ad amplificare alleli con un massimo di 115 ripetizioni). L'impatto sull'interpretazione clinica del risultato appare evidente, poichè un individuo omozigote per un allele da 10 ripetizioni va definito non affetto, mentre un individuo eterozigote composto per un allele da 10 ripetizioni e un allele con centinaia di triplette va definito affetto da corea di Huntington. I test che si possono eseguire per verificare un risultato apparentemente omozigote della PCR sono il Southern Blot o il Repeat Primed Assay (RPA). Esiste in ogni caso un modo per sospettare l'eterozigosi composta per un allele estremamente espanso anche senza eseguire il Southern Blot o lo RPA: la presenza del segno del porcospino (in inglese hedgehog). Il segno del porcospino non è altro che un piccola gobba di picchi (che mima per l'appunto il dorso del piccolo animale) che emerge dal rumore di fondo verso la fine del tracciato elettroforetico. Il porcospino è segno del fatto che i primer della PCR, sia pure a fatica, sono riusciti ad amplificare parzialmente anche l'allele con numerosissime ripetizioni e che il paziente è quindi un eterozigote composto per un allele non-patogeno e uno estremamente espanso. Taluni laboratori considerano la sola presenza dell'hedgehog addirittura un segno diagnostico primario, che non necessita nemmeno della conferma tramite Southern Blot o RPA.

sabato 12 ottobre 2013

COS'È UNA REFERENCE SEQUENCE?

Cosa è una reference sequence
Di molti organismi, incluso l’uomo, conosciamo l’intera sequenza codificante e non codificante del genoma. La sequenza codificante e non codificante di ogni gene è annotata nei database informatici ed è comunemente nota come reference sequence. In alcuni casi possono esistere diverse reference sequences, ognuna per ogni isoforma della proteina in questione. Sappiamo, infatti, che, a causa dello splicing alternativo, molte proteine possono essere espresse in isoforme diverse, le quali sono in effetti codificate da trascritti alternativi (il termine trascritto - transcript - viene spesso utilizzato come sinonimo di reference sequence). Le reference sequences sono utilizzate in modo regolare nella ricerca e nella diagnostica di routine per confrontare le sequenze dei pazienti. In gergo tecnico si parla di allineamento (alignment): la sequenza del paziente viene cioè allineata con quella presente in banca dati per vedere se e dove essa presenti deviazioni (varianti) che potrebbero spiegare il fenotipo patologico del paziente. Il processo di identificazione delle varianti è detto in gergo variant calling e può essere eseguito manualmente dall'operatore (di solito per piccoli frammenti di DNA) o automaticamente da un software che valuta sia le caratteristiche elettroforetiche del tracciato (Sanger sequencing) che, nelle analisi exome/genome sequencing, la probabilità statistica che la variante identificata sia reale piuttosto che un artefatto.

Da un punto di vista pratico è molto importante insistere sul concetto di isoforme alternative e, quindi, di trascritti alternativi. Infatti, laddove una proteina presenti una o più isoforme alternative, bisogna analizzare ciascuna mutazione in ogni trascritto, poiché se in uno o più trascritti essa può apparire innocua, può in effetti risultare patogena in un altro trascritto. Ad esempio, è possibile che una mutazione che nel trascritto A cade in una regione intronica, cada nel trascritto B in un regione codificante, generando una mutazione missenso o nonsenso di significato patogeno. Di queste diverse possibilità è necessario tenere conto nell'interpretazione finale di un test genetico.

A: 29.09.14

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APPLICAZIONI DELLA NEXT GENERATION SEQUENCING


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APPLICAZIONI DELLA NEXT GENERATION SEQUENCING
La Next Generation Sequencing (NGS) rappresenta l’ultima evoluzione del sequenziamento. Per molti anni il sequenziamento è stato fatto tramite elettroforesi capillare (tipicamente sequenziamento Sanger), che consente di ricostituire la sequenza di un singolo frammento di DNA. Il sequenziamento Sanger avviene tramite la registrazione dei segnali di incorporazione di nucleotidi fluoromarcati che vengono utilizzati per sintetizzare un filamento complementare al frammento di DNA. Anche la NGS si basa su un principio analogo, solo che la reazione può essere fatta per moltissimi frammenti di DNA in parallelo e non per uno soltanto. Tramite NGS è quindi possibile ottenere in modo rapido (e persino più economico!) una grandissima quantità di sequenze (in una singola corsa è possibile ottenere gigabasi, ed ormai quasi terabasi, di informazioni). Per questo motivo la NGS è nota anche come high-throughput sequencing.


Nella NGS, il DNA di un individuo viene rotto in numerosissimi piccoli frammenti (ad esempio attraverso l’uso di ultrasuoni) a costituire la cosiddetta libreria di sequenziamento (sequencing library). Questi piccoli frammenti fungono da stampo per la sintesi di numerosi frammenti complementari (detti reads). Ogni piccolo frammento del DNA originario viene cioè copiato molte volte in un numero variabile di reads. A seconda del livello di precisione desiderato è possibile settare il sistema per ottenere un certo livello di coverage, ossia un certo numero di reads piuttosto che un altro (ad esempio, 30 reads per frammento – che si definirebbero in gergo ‘coverage 30x‘ - sono già sufficienti per la diagnostica di routine delle malattie mendeliane, mentre la diagnostica delle mutazioni somatiche tipiche dei tumori può richiedere coverage fino a 1000x). Un computer raccoglie poi tutte le sequenze delle reads ottenute e le allinea con le sequenze di riferimento (reference sequence) annotate nei database. In questo modo le sequenze delle reads possono essere ricomposte come in un puzzle fino ad ottenere la sequenza del gene o del genoma dell’individuo analizzato. Per ulteriori dettagli tecnici sul funzionamento della NGS potete leggere qui.

Le macchine NGS ad oggi disponibili (molti diversi marchi ne producono) sono dispositivi molto flessibili. In effetti, una sequenziatore NGS può essere utilizzato per diversi tipi di applicazioni:

1. Whole-Genome Sequencing - WGS, noto anche come Whole-Genome Shotgun: analisi dell'intero genoma di un individuo

2. Whole-Exome Sequencing – WES: analisi dell'intera regione codificante di tutti i geni di un individuo

3. Targeted Sequencing: analisi di un gruppo di geni (pannello) o di singolo gene.

4. Transcriptome Analysis: analisi di tutti gli RNA prodotti da una cellula (trascrittoma).

Le applicazioni 2 e 3 richiedono uno step aggiuntivo (il cosidetto Target Enrichment) e possono essere eseguite anche per molti campioni in contemporanea, tramite il cosiddetto Multiplexing. I DNA di ciascun individuo possono infatti essere distinti attaccando alle estremità di ogni frammento della sequencing library delle sequenze specifiche (dette sequenze barcode). Poiché nella sintesi delle reads vengono copiate anche le sequenze barcode è possibile distinguere in un secondo momento le reads di ciascun individuo e separarle (de-multiplexing) prima di procedere all’allineamento con le reference sequence.

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venerdì 11 ottobre 2013

EXOME SEQUENCING

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EXOME SEQUENCING E APPLICAZIONIExome sequencing (o Whole-Exome Sequencing - WES) è un termine che identifica il sequenziamento dell'intera regione codificante del genoma di un individuo. Fino a pochi anni fa il test genetico per eccellenza consisteva nel sequenziamento di singolo gene (o di un ristretto gruppo di geni) tramite la metodica dell'elettroforesi capillare (più comunemente nota come sequenziamento Sanger). L’avvento delle nuove tecnologie di sequenziamento (Next Generation Sequencing - NGS e Third Gen Sequencing) ha invece trasformato lo studio della genetica delle malattie umane portando ad un'epoca di produttività senza precedenti. Grazie ai costi e ai tempi ridotti, tramite NGS è possibile analizzare un elevato numero di frammenti di DNA in parallelo fino ad ottenere la sequenza di molti geni in contemporanea o addirittura dell'intera regione codificante di un individuo. Ciò è di estremo interesse sia per la dignostica di routine che per la ricerca scientifica. Infatti, anche se la regione codificante rappresenta soltanto l'1% di tutto il genoma, si stima che fino all'85% di tutte le mutazioni patogene siano contenute in questa regione. L'exome sequencing è ad esempio utile in quei casi in cui manchi una diagnosi clinica precisa (e quindi un sospetto per un gene in particolare) e nei casi delle malattie geneticamente eterogenee, nelle quali alcuni geni devono ancora essere scoperti e nei quali i pazienti rimangono spesso senza la conferma genetica anche dopo l'esecuzione del test molecolare tradizionale.

vale la pena conservare le staminali del cordone omblicale?

 Come detto, per definizione, nell'exome sequencing viene analizzata la regione codificante del genoma. E' pur vero che alcuni enrichment kit (vedi la lezione sul Target Enrichment) sono ancora incompleti, mancando della copertura di alcune zone, ma è altrettanto vero che altri kit contengono primer anche per alcune regioni non codificanti, come ad esempio i confini esone/introne (dove possono localizzarsi un gran quantità di mutazioni) e alcune regioni regolatorie note per essere mutate in alcune patologie. 

APPLICAZIONI DELL'EXOME SEQUENCING

1. STUDIO DELLA PATOLOGIA MENDELIANA

L'approccio tradizionale alla ricerca delle malattie mendeliane è sempre stato lo studio di linkage seguito dalla tecnica del clonaggio posizionale. Questo approccio presenta tuttavia notevoli difficoltà, principalmente legate alla necessita di dover testare più di una famiglia (impresa non facile per malattie rare o rarissime) e eterogeneità genetica che talora caratterizza certe patologie mendeliane (si pensi, ad esempio, a sindromi come quella di Bardet-Biedl, di Joubert o di Kallmann, che possono essere causate da mutazioni in geni diversi) che rende quasi impossibile identificare il gene chiave quando li studi debbano limitarsi a poche famiglie. L'exome sequencing, invece, screenando a tappeto la sequenza codificante, permette di identificare subito varianti patogene o verosimilmente patogene. I geni coinvolti nella patogenesi della sindrome di Kabuki e di Miller, ad esempio, sono stati recentemente identificati grazie a studi di exone sequencing. Basti pensare che solo negli ultimi tre anni  sono stati scoperti tramite exome sequencing i geni di ben 100 malattie Mendeliane!

2. STUDIO DELLA PATOLOGIA MULTIFATTORIALE

Negli ultimi anni l'approccio tradizionale allo studio genetico delle malattie multifattoriali (cioè quelle malattie che si suppone insorgano a seguito dell'interazione fra fattori ambientali e predisposizione genetica) è stato prevalentemente basato sul genome array, ossia sullo screening di un certo numero di varianti sparse su tutto il genoma. Questi studi, noti anche come GWAS (Genome Wide Association Study), si basano sull'ipotesi di fondo che la suscettibilità genetica a una malattia multifattoriale sia dovuta all'interazione di varianti genetiche comuni. In effetti, le patologie multifattoriali sono patologie frequenti (si pensi solo al diabete di II tipo o alla cardiopatia ischemica) e l'ipotesi sottostante a un GWAS è quindi 'malattia frequente, variante frequente'. L'applicazione della NGS ha tuttavia rivoluzionato anche questo settore. Anche negli studi di associazione, cioè, si cominicia prendere in considerazione il genome o l'exome sequencing come alternativa al genome o exome array. L'exome sequencing, per via della sua economicità rispetto al genome sequencing, raprresenta in realtà l'alterantiva di scelta principale. L'applicazione del genome/exome sequencing sottende una filosofia sostanzialmente opposta, e cioè 'malattia frequente, variante rara'. Si pensa cioè che la suscettibilità alla patologia multifattoriale sia dovuta all'interazione più fra varianti rare che fra varianti frequenti.

3. DIAGNOSTICA DI ROUTINE

Naturalmente l'impiego dell'exome sequencing si sta rilevando molto utile anche nel settore della diagnostica di routine. Sequenziare l'intero esoma, oltre ad essere in molti casi ormai economicamente più vantaggioso dell'analisi Sanger,offre una certa possibilità di identificare la causa genetica anche nei casi in cui manchi una conferma clinica precisa, dando per l'altro l'opportunità di caratterizzare geneticamente patologie ereditarie fino ad ora poco conosciute. Il risultato di un semplice exome sequencing di routine può cioè rivelarsi non solo di interesse clinico, ma anche di interesse scientifico.

PROCESSO DI IDENTIFICAZIONE DELLE VARIANTI

Sequenziando l'intera regione codificante si ottiene una gran quantità di dati. A questi dati si giunge in particolare attraverso due fasi:

1. ALLINEAMENTO (ALIGNMENT)

Sofware specifici (Bowtie, Bowtie2, BWA, MAQ, SOAP ed altri) sono in grado di confrontare (o allineare che dir si voglia) le sequenze del paziente con le sequenze presenti nelle banche dati (le cosiddette reference sequences), ricostruendo come in un puzzle l'esoma del paziente. È questa la cosiddetta operazione di alignment. Per saperne di più potete leggere ALIGNMENT: COME RICOSTRUIRE LE SEQUENZE DEI GENI NELLE ANALISI NGS.


2. VARIANT CALLING

Una volta completato l'allineamento e aver quindi ricostruito la sequenza codificante di ogni gene, si rende necessario individuare le varianti di sequenza, ossia tutte le deviazioni del paziente rispetto alle reference sequence di ogni gene. È questa quella che si chiama operazione di variant calling, che nelle analisi ngs viene fatta in modo del tutto automatizzata. In generale la percentuale di errore dell'NGS è pari all'1%: è cioè possibile che una variante ogni 100 sia un in realtà un artefatto. Pur potendo questa considerarsi una percentuale tollerabile, specialmente avendo presente la mole di dati prodotta da un exome sequencing, molti laboratori fanno utilizzo di software atti a calcolare la probabilità che una variante sia o meno un artefatto (GATK sembra essere uno dei migliori). In ambito diagnostico, ogni variante con posibile significato clinico viene confermata attraverso il risequenziamento con elettroforesi capillare (Sanger sequencing).

Da un punto di vista pratico la cosa piu importante da sottolineare è che la maggior parte delle varianti rilevabili sono semplici polimorfismi senza alcun significato patogeno. Dunque, se la sfida per il bioinformatico è ottenere dati di qualità col minor numero di artefatti possibile, la sfida del genetista è essere in grado di interpretare propriamente il significato delle varianti. Per ulteriori dettagli sulla interpretazione delle varianti potete leggere la relativa lezione qui.

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WHOLE GENOME SEQUENCING (WGS)

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Lo Whole-Genome Sequencing (WGS) è una tecnica che consente il sequenziamento dell'intero genoma. Con questa metodica il patrimonio genetico di un individuo viene completamente sequenziato, sia nelle sue regioni codificanti che in quelle non codificanti. Tramite l'WGS viene rilevata un'enorme quantità di varianti, sia benigne che patogene. Basti pensare che ognuno di noi è portatore sano di almeno 30 patologie genetiche a trasmissione autosomica recessiva. Accanto alle varianti di significato clinico noto (benigno o patologico) vengono rilevate anche numerosissime varianti di significato clinico incerto.

Lo WGS è stato reso possibile dall'avvento della Next Generation Sequencing (NGS). Nella NGS il DNA originario del'individuo viene rotto in numerosissimi piccoli frammenti, ad esempio attraverso l'uso di ultrasuoni (sistema Illumina Solexia). Questi frammenti vengono poi sequenziati fino ad ottenere numerose copie complementari per ogni frammento (dette reads), che vengono poi allineate con le sequenze di riferimento (reference sequences) presenti nei database fino a ricostituire l'intera sequenza del genoma dell'individuo analizzato come in un puzzle.

È da notare che in alcuni fonti WGS viene utilizzato come acronimo di Whole-Genome Shotgun. Il significato è lo stesso, semplicemente viene posto l'accento sull'approccio seriale e veloce della metodica (shotgun significa appunto mitragliatrice).

La tecnica che consente il sequenziamento della sola regione codificante dell'intero genoma è detta invece Whole-Exome Sequencing (WES), per la quale potete leggere qui.

giovedì 10 ottobre 2013

MALATTIA DI CANAVAN: TEST BIOCHIMICO, TEST GENETICO E DIAGNOSI PRENATALE (2)

[...leggi la prima parte] ...mutazioni missenso, ma anche di mutazioni nonsenso, mutazioni di splicing e piccole delezioni o inserzioni che alterano il frame di lettura. Non mancano anche le delezioni di grandi dimensioni che possono includere uno o più esoni o addirittura l’intero gene, la cui presenza (sia in omoziogsi che in eterozigosi composta con una mutazione puntiforme) si associa sempre al fenotipo più grave (forma infantile). Anche queste mutazioni, se in omozigosi, sono rilevabili dalla mancata amplificazione prima della reazione di sequenziamento (fallimento della PCR), mentre in eterozigosi composta con una mutazione puntiforme, per essere rilevate, richiedono l’esecuzione del test per delezioni/duplicazioni (tramite MLPA o qPCR). Fino ad ora non sembrano siano state descritte grosse duplicazioni o inserzioni. L’elevata prevalenza della malattia nella popolazione degli ebrei Ashkenaziti è dovuta alla presenza di tre mutazioni particolarmente frequenti in questo gruppo etnico: p.Glu285Ala, p.Tyr231* e p.Ala305Glu (quest’ultima è frequente anche in altri gruppi etnici). La forma giovanile (lieve) della malattia è invece comunemente associata all’eterozigosi composta fra una mutazione “grave“ e una mutazione “lieve“. Le mutazioni lievi sono p.Tyr288Cys, p.Arg71His e p.Pro257Arg.

DIAGNOSI PRENATALE

L’approccio migliore per la diagnosi prenatale nelle coppie a rischio (che sono le coppie di portatori sani che hanno già concepito un figlio affetto o le coppie formate da un portatore sano e da un individuo del quale non si sappia se sia portatore o meno) è rappresentato dal test genetico. Tuttavia, per poter procedere al test genetico nel feto è necessario conoscere in anticipo le mutazioni che segregano nella famiglia. Laddove le mutazioni non siano note, è possibile considerare anche il test prenatale biochimico, che consiste nel dosaggio dell’NAA nel liquido amniotico prelevato fra la 16a e la 18a settimana. È bene tuttavia ricordare che i test biochimici prenatali rappresentano in genere un approccio di seconda scelta rispetto al test genetico, poichè l‘indefinitezza dei valori che differenziano un individuo affetto da un individuo portatore sano può a volte creare problemi nell’interpretazione clinica di valori borderline del liquido amniotico. Con particolare riferimento al dosaggio dell’NAA nel liquido amniotico, va inoltre ricordato che tale test non è facilmente accessibile, poichè solo pochi laboratori specializzati sono in grado di offrirlo.

MALATTIA DI CANAVAN: TEST BIOCHIMICO, TEST GENETICO E DIAGNOSI PRENATALE (1)

La malattia di Canavan è una patologia genetica che, essendo causata da un difetto enzimatico, può essere inserita nel capitolo delle malattie metaboliche. La malattia può avere un esordio perinatale (che identifica la cosiddetta forma infantile, più grave) o un esordio nell’età giovane (forma lieve, che può addirittura essere sottodiagnosticata). Una delle caratteristiche prinicipali è la macrocefalia (che può tuttavia essere assente nella forma lieve). La diagnosi delle malattie metaboliche è solitamente biochimica in prima istanza (basata cioè sul dosaggio ematico o urinario del metabolita coinvolto nella patogenesi della malattia). La malattia di Canavan rappresenta tuttavia un’eccezione, poichè mentre la diagnosi della forma infantile può essere confermata dall’aumento di acido N-acetil aspartico (N-acetylaspartic acid - NAA) nelle urine, nella forma lieve l’NAA urinario può non innalzarsi a livelli patologici. Se la diagnosi della forma infantile è quindi biochimica, quella della forma giovanile non può che essere genetica. La diagnosi genetica della malattia di Canavan è basata sull’identificazione di mutazioni in omozigosi o eterozigosi composta nel gene ASPA, che codifica per l’enzima aspartoacilase.

CHE TIPO DI MUTAZIONI SI POSSONO RILEVARE NEL GENE ASPA?

La maggior parte delle mutazioni descritte nel gene ASPA sono rilevabili al sequenziamento diretto della regione codificante e dei confini esone introne. Si tratta per lo più di [...continua]

mercoledì 9 ottobre 2013

SINDROME DI LEIGH: QUALI GENI ANALIZZARE?

the genes that should be analyzed in Leigh syndrome
La sindrome di Leigh (pronuncia "li") è uno dei disordini geneticamente più eterogenei che si conoscano. Mutazioni causative della sindrome sono state identificate in numerosi geni diversi. Naturalmente ogni paziente è portatore di una mutazione in un unico gene, ma questo può essere diverso da paziente a paziente. Va inoltre detto che esiste un certo grado di confusione nella nomenclatura, a causa della quale alcune forme patologiche vengono inopportunamente etichettate come sindrome di Leigh, pur essendo di fatto altre patologie.

La sindrome di Leigh è causata da un difetto nella produzione di energia aerobica. Mutazioni patogene causative sono state fino ad ora identificate in 30 geni. La maggior parte delle mutazioni è nel genoma nucleare, ma anche alcune mutazioni del DNA mitocondriale sono state identificate:

- genoma nucleare: mutazioni sono state rilevate in geni che codificano o una delle subunità del complesso della piruvato deidrogenasi (PDH) o una delle subunità dei complessi respiratori I e II o una proteina coinvolta nell'assemblaggio del complesso respiratorio IV. Un danno al complesso IV (che è anche noto come citocromo C ossidasi o COX) è in realtà la causa principale di sindrome di Leigh. Il gene nucleare più frequentemente mutato è SURF1, che si trova localizzato nella regione cromosomica 9q34.2. In SURF1 sono stati identificati un po' tutti i tipi di mutazione: nonsenso, missenso, frame-shifting e grandi delezioni. La sindrome di Leigh causata da mutazioni in SURF1 è trasmessa con modalità autosomica recessiva.

- genoma mitocondriale: le mutazioni del DNA mitocondriale contano circa per il 10-30% di tutti i casi di sindrome di Leigh. Il gene del DNA mitocondriale più frequentemente mutato è MT-ATP6 e le mutazioni più comunemente riscontrate in questo gene sono 8993T>G e 8993T>C. Nel caso di mutazione del DNA mitocondriale, la sindrome di Leigh è tipicamente causata da un carico mutazionale elevato (di solito al di sopra del 95%). Carichi mutazionali più bassi causano fenotipi meno gravi, come ad esempio la sindrome NARP (Neurogenic Ataxia and Retinitis Pigmentosa).

Va comunque ricordato, specialmente in sede di consulenza genetica, che la causa della sindrome di Leigh rimane ignota ancora in un certo numero di casi, persino laddove sia possibile ottenere la conferma biochimica.

Per riassumere, i geni nei quali fino ad ora sono state identificate mutazioni causative di sindrome di Leigh sono i seguenti:

BCS1L, COX10, COX15, FOXRED1, LRPPRC, MT-ATP6, MT-ND1, MT-ND2, MT-ND3, MT-ND4, MT-ND5, MT-ND6, MT-TK, MT-TV, MT-TW, NDUFA1, NDUFA2, NDUFA9, NDUFA10, NDUFA12, NDUFA11, NDUFAF2, NDUFAF5, NDUFAF6, NDUFS1, NDUFS2, NDUFS3, NDUFS4, NDUFS7, NDUFS8, NDUFV1, PDHA1, PDHB, PDSS2, SDHA, SURF1, TACO1.

Fonte: Genetics Home Reference (http://ghr.nlm.nih.gov/); OMIM 256000

giovedì 3 ottobre 2013

MALATTIE EREDITARIE, GENETICHE E CONGENITE (2)

Reinidirizzamento alla versione aggiornata in corso, attendere prego...

[...leggi qui la prima parte]   ...ad aberrazioni cromosomiche de novo, cioè non presenti nel genitore e dovute ad eventi pre o post-zigotici di ricombinazione sbilanciata fra i cromosomi. A meno che il difetto cromosomico non sia presente in una certa quota di spermatozoi o cellule uovo del genitore, sarebbe improprio definire la malattia come ereditaria. Allo stesso modo, poichè nella maggior parte dei casi la gravità di queste sindromi impedisce all’individuo affetto di riprodursi, la patologia non è in realtà trasmissibile.

In realtà tutta la patologia causata da mutazioni genetiche de novo (sia essa cromosomica o genica) meriterebbe una discussione più approfondita (per la differenza fra patologia cromosomica e patologia genica puoi leggere qui). In linea di massima, il termine de novo viene utilizzato per etichettare una mutazione che, identificata nel soggetto affetto, non riesce ad essere identificata in nessuno dei due genitori. Ciò può avere sostanzialmente due cause: (1) il difetto genetico è post-zigotico, insorto cioè nelle fasi replicative precoci delle cellule embrionali e, come tale, sarà presente soltanto in alcune cellule del soggetto affetto. Si parla in tal caso di mutazione somatica del soggetto affetto. (2) Il difetto genetico è pre-zigotico, essendo presente in uno dei due genitori, ma solo in alcune cellule delle gonadi (e a volte del resto corpo). Si parla in tal caso di mosaicismo gonadico e somatico parentale. Il genitore in tal caso sarà del tutto asintomatico o solo blandamente affetto e avrà un rischio empirico (solitamente stimato attorno al 5%) di ritrasmettere la mutazione in tutti i concepimenti successivi. In tal caso, la malattia si potrebbe definire ereditaria. Non tutti i difetti pre-zigotici sono tuttavia presenti a mosaico. In molti casi si pensa in effetti che la mutazione insorga in un singolo spermatozoo o in una singola cellula uovo. In tal caso, poichè l’evento mutazionale si presenta come del tutto casuale, appare difficile ipotizzare che la malattia possa ripresentarsi in gravidanze successive. Concettualmente, appare dunque evidente la differenza fra mutazione de novo vera e mutazione derivata da mosaicismo gonadico parentale. Tuttavia, poichè di fatto non è attualmente possibile eseguire un test per la verifica del mosaicismo gonadico parentale, le due condizioni vengono considerate indistitamente dal punto di vista pratico e, in sede di consulenza genetica, viene sempre attribuito un rischio riproduttivo empirico pari a circa il 5%.


MALATTIE EREDITARIE, GENETICHE E CONGENITE (1)

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Che differenza c’è fra malattie ereditarie, malattie genetiche e malattie congenite?

Si sente spesso parlare di malattie ereditarie e/o genetiche e/o di malattie congenite. I termini vengono spesso confusi o, peggio ancora, usati come sinonimi. Vediamo di fare chiarezza. Una malattia ereditaria è senz’altro genetica: può in effetti essere definita come una malattia causata da una mutazione genetica che è stata trasmessa dai genitori alla prole. Il termine congenita, invece, si riferisce semplicemente a una malattia che è presente fin dalla nascita. Tuttavia non è affatto detto che una patologia congenita sia anche genetica e, se genetica, che sia ereditaria o trasmissibile.

Abbiamo fatto un po’ un gioco di parole per introdurre alcuni concetti importanti. In realtà la classificazione fondamentale è in malattie ereditarie (tutte genetiche) e malattie congenite (non tutte genetiche).

Esistono numerosi esempi tipici e casi particolari per i quali possiamo fare qualche esempio. Le gravi sindromi malformative, ad esempio, sono tutte patologie congenite, perchè sono clinicamente evidenti fin dalla nascita (e alle volte già anche in utero attraverso l’ecografia), ma non sempre sono ereditarie. Le malformazioni fetali da esposizione a inquinanti o farmaci cosidetti teratogeni, invece, sono patologie congenite non ereditarie. Mucopolisaccaridosi, moculipodosi ed in genere la patologia sindromica di origine metabolica rientra nel capitolo della patologia congenita ed ereditaria.
Esistono poi anche situazioni intermedie, caratterizzate da difetti genetici che, per la loro genesi particolare, non sarebbe appropriato classificare come ereditari. Esempio classico: la patologia cromosomica de novo. Le gravi sindromi malformative di origine cromosomica sono spesso dovute [continua]...

martedì 1 ottobre 2013

PATOLOGIA GENICA E CROMOSOMICA: DIVERSITÀ E SIMILITUDINI




In genetica medica si fa di solito distinzione fra patologia cromosomica e patologia genica. In effetti si tratta in entrambi i casi di malattia genetica, quello che cambia è, per così dire, la dimensione della mutazione. Va subito precisato che la gravità di una malattia genetica non è assolutamente proporzionale alla dimensione della mutazione, bensì alle sue ripercussioni biologiche. 
Se paragonassimo il patrimonio genetico di un individuo ad una libreria, potremmo identificare dei grandi scaffali (i cromosomi), sui quali sono contenuti dei libri (geni), le cui parole sono costituite da una sequenza particolare di lettere (i nucleotidi). Ebbene, si possono avere patologie più o meno gravi dovute alla perdita di interi scaffali, di uno o più libri o anche solo per un semplice errore di stampa di una lettera in una parola. Nel caso in cui si perdano scaffali interi (o parte di scaffali) si parla di patologia cromosomica. Nel caso in cui si perdano uno o pochi geni o qualche parola o si abbia un errore di una singola lettera, si parla di patologia genica. Esistono condizioni caratterizzate dalla perdita di uno scaffale (o dalla presenza di uno o due scaffali in più) che non sono poi così rilevanti clinicamente (si vedano ad esempio le aneuploidie dei cromosomi sessuali, come la sindrome di Turner o la sindrome di Klinefelter) ed errori di singola lettera che possono causare fenotipi ben più importanti (si veda ad esempio l'intero capitolo delle sindromi autosomiche dominanti). È però anche vero che esistono patologie cromosomiche estremamente gravi, alcune delle quali incompatibili con la vita.

PATOLOGIA GENICA

Vediamo più un dettaglio la patologia genica. Le lettere delle parole contenuti nei libri (geni) variano moltissimo da individuo ad individuo ed è quindi ovvio che la maggior parte di queste variazioni non siano patologiche. Queste variazioni si chiamano in effetti polimorfismi e il loro effetto, dal punto di vista patologico, è nullo. I polimorfismi sono alla base della diversità genetica degli individui. Altre varianti, invece, introducono cambiamenti così importanti, che il risultato finale è quello di un fenotipo patologico.
Come nascono le mutazioni patologiche? Alcune di esse vengono ereditate dai genitori, che sono affetti dalla stessa malattia o sono portatori sani, mentre altre insorgono de novo, cioè per la prima volta nell'embrione. Le mutazioni de novo causano tratti dominanti, mentre quelle ereditate dai genitori causano tratti dominanti o recessivi. Le mutazioni de novo sono molto frequenti in tutte le condizioni che sono incompatibili con la fitness riproduttiva dell'individuo. In effetti, un paziente affetto da una grave sindrome dominante con ritardo mentale e gravi dismorfie riuscirà difficilmente ad accoppiarsi e a trasmettere la mutazione alla prole. Ne consegue che quadri clinici di questo tipo sono per lo più causati da una mutazione de novo (oppure da una mutazione che è presente nel genitore allo stato di mosaicismo germinale: il papà o la mamma sono cioè portatori della mutazione in alcuni spermatozoi o cellule uovo, ma non in tutto il loro corpo, e risultano perciò non affetti pur potendo trasmettere la malattia).
Esistono poi diverse condizioni ad ereditarietà autosomica dominante che non comportano ritardo mentale e che, essendo compatibili con la fitness riproduttiva, possono essere facilmente trasmesse alla prole. In effetti molte di queste condizioni esordiscono nell'età adulta e gli affetti non sanno nemmeno di esserlo prima di aver generato dei figli. Tali patologie possono essere più o meno gravi. Qualche esempio: tutte le cardiopatie familiari dilatative o ipertrofiche, il rene policistico dell'adulto (PKD1, PKD2), la corea di Huntington e molte altre malattie neurodegenerative da espansione di triplette.
Esistono poi le patologie geniche a trasmissione autosomica recessiva, nelle quali le mutazioni sono ereditate dai genitori, che ne sono portatori sani. Teoreticamente, anche nell'ereditarietà autosomica recessiva è possibile che una delle due mutazioni sia insorta de novo e non sia stata ereditata. Tuttavia, allorquando non si riesca a confermare lo stato del portatore sano in uno dei genitori (tipicamente nel padre) è più sensato sospettare una paternità diversa o, nel caso della madre, l'errore diagnostico di laboratorio.

PATOLOGIA CROMOSOMICA

Dal punto di vista clinico (fenotipico), l'aspetto di una sindrome di origine cromosomica può essere del tutto indistinguibile da quello di una sindrome di origine genica, tant'é che molti pazienti indirizzati in un primo momento all'indagine cromosomica, vengono poi, in caso di risultato negativo, considerati per test di genetica molecolare. Da un punto di vista laboratoristico, patologia cromosomica e patologia genica seguono due percorsi piuttosto diversi. La patologia cromosomica viene di solito diagnosticata tramite esame del cariotipo, FISH o CGH array. La patologia genica viene invece diagnosticata tramite sequenziamento (Sanger o NGS), test di delezioni/duplicazioni (MLPA o qPCR), fragment length analysis o test di metilazione (ad esempio, MS-MLPA: methylation specific MLPA), tanto per citare i principali.